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Rosalía, semplicemente il miglior disco pop dell’anno

Con ‘El Mal Querer’ Rosalía ci salverà dal becero reggaeton radiofonico: un album intelligente, studiato, che mescola il flamenco a sonorità urban
5 / 5

Dio, che bello. El Mal Querer. D-I-O C-H-E B-E-L-L-O.

Dopo due singoli clamorosi come Malamente (Cap.1: Augurio) e Pienso En Tu Mirà (Cap. 3: Celos), ci aspettavamo qualcosa di incredibile da Rosalía e, per la grazia di una qualche divinità musicale, stavolta non siamo stati ingannati. Rosalía non è una popstar usa e getta, non è una meteora, non è l’ennesima fregatura del mercato latino. La candidata a cinque Latin Grammy è una bomba. Non ci sono cazzi: è brava da morire. Figlia di una generazione che vuole rilanciare la cultura latina al di fuori dei canoni di quella porcheria che abbiamo ormai sintetizzato in reggaeton becero da radio (anche il reggaeton ha la sua dignità, ma non quello lassativo che le radio continuano a propinarci), Rosalía, nonostante i suoi appena 25 anni, ci dà una lezione di storia della musica spagnola in undici capitoli, racchiusi sotto il nome di El Mal Querer.

El Mal Querer è un mondo intelligente, studiato, ricercato. È un lavoro minuzioso e, a suo modo, completamente matto. Matto perché decidere di ricercare un’estetica musicale nelle proprie radici non è comune per artisti così giovani. La differenza tra un talento e un artista è, anche, la quantità di studio e ricerca che il musicista è disposto ad affrontare. Rosalía ha studiato flamenco, otto anni con El Chiqui de la Línea (con cui iniziò a tredici anni), per poi approfondire alla Taller de Musics di Barcellona, dopo una laurea all’ESMUC (Catalunya College of Music). Nulla è al caso. Non è a caso l’estetica magnetica dei primi due video estratti, Malamente (Cap.1: Augurio) e Pienso en tu Mirá (Cap. 3: Celos), studiata con il regista Nico Mendez, in grado di narrare una Spagna tradizionale, ma cool, in cui il contemporaneo si sposa con l’iconografia catto-iberica, garantendo a Rosalía gli spazi per illuminarci col suo astro nascente. Non è a caso una produzione artistica giocata tra la stessa Rosalía e El Guincho (produttore, tra l’altro, di Bjork), scelto per la sua capacità di lavorare i complessi ritmi latini, in particolare quelli dei differenti palos del flamenco. Non è a caso che da qualche mese se ne parli con un entusiasmo contagioso anche al di fuori della Spagna.

El Mal Querer è un bignami di flamenco e copla (una forma musicale andalusa degli anni ‘40). È la tradizione spagnola impreziosita da inserti contemporanei, come elettronica, ritmiche vagamente trap, armonizzazioni digitali. Più che flamenco trap, come hanno provato a scrivere facendo storcere il naso alla nostra, siamo nel post-flamenco. Nell’album troviamo anche una citazione di Cry Me a River di Justin Timberlake in Bagdad (Cap. 7: Liturgia) (l’evoluzione della traccia è una perla pop di rara eleganza), la presenza dell’attrice Rossy de Palma, pupilla di Pedro Almodovar, nell’intermezzo Preso (Cap. 6: Clausura) (Rosalía, tra le altre cose, è stata chiamata a recitare proprio dal regista per il suo nuovo lavoro Dolor y Gloria), e un riferimento alle intricate melodie armonizzate di Bon Iver nella conclusiva A Ningùn Homber (Cap 11: Poder).

Delle auto sgommano formando un pattern ritmico a scandire la melodia dilatata di Rosalía fino a quando un palmas (il battito di mano tipico del flamenco) prende il sopravvento in una strumentale formata esclusivamente da sample vocali. Questa è De Aquì No Sales (Cap. 4: Disputa), da qui non esci. Siamo a metà tra Vroom Vroom di Charli XCX (prodotta dal genio di Sophie) e una performance di Lola Flores. È il flamenco che si congiunge al sampling. La tradizione umana che incontra la macchina, l’umanità che gioca con il digitale. È un linguaggio che parla al presente, proiettandoci sopra passato e futuro. Perché ad una parte di disco più legata alla drammaticità viva del flamenco, composta da brani come Que No Salga La Luna (Cap. 2: Boda), Reniego (Cap. 5: Lamento), Di Mi Nombre (Cap. 8: Éxtasis), Nana (Cap. 9: Concepcion), Maldiciòn (Cap.10: Cordura), A Ningùn Hombre (Cap. 11: Poder) risponde una controparte più leggera e urban come in Malamente (Cap. 1: Augurio), Pienso En Tu Mirà (Cap. 3: Celos), De Aquì No Sales (Cap. 4: Disputa), Bagdad (Cap. 7: Liturgia). Ma le due anime si mischiano, flirtano, si interrompono, alternano, fecondano. E in un attimo è difficile capire cos’è il passato o il futuro, inseriti in un tempo circolare dove tutto è ora, in piena armonia. E noi rimaniamo in ascolto, contemplativi.

Non so dire se El Mal Querer sia un disco perfetto, ma di certo è un disco bellissimo. Sicuramente non per tutti, a causa della sua teatrale drammaticità, della lingua utilizzata e del vanto di essere fieramente spagnolo. Ma cosa puoi criticare in un lavoro così? Nulla. El Mal Querer ha una storia così grande – e una qualità così alta – da farci correre a riscoprire tutta la storia del flamenco e della copla: Camarón de la Isla, Miguel De Molina, Lola Flores, La Niña de los Peines, Juanito Valderrama, Paco De Lucía, Pepe Habichuela.

Raramente escono dischi pop così.

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