In Deacon, il nuovo album pubblicato come Serpentwithfeet, Josiah Wise baratta la passione con l’impegno. È dai tempi dell’EP di debutto Blisters che l’artista sperimentale di Baltimora, che ha imparato a cantare in un coro, descrive tenerezza e vitalità dell’amore queer, tutto con una tavolozza di suoni perfetti sia per una camera da letto che per una chiesa. Deacon è basato su un registro più leggero, su beat in quattro quarti e ritornelli pop, ma definirlo un party album sarebbe sbagliato: non è adatto a un club, ma a un salotto dove ballare con in mano un bicchiere di vino.
L’ambientazione è domestica fin dal principio: “Credo che il mio pollice verde mi abbia portato a qualcosa / Sono felice che la terra mi abbia dato qualcosa di più della cattiva sorte”, canta in Hyacinth. Certo, i nuovi amori e i flirt sulla pista da ballo fioriscono ancora in brani come Malik e Amir, ma l’assenza rende i sentimenti più forti e Wise racconta le fiamme del passato. “Ha un outfit un po’ dozzinale, sapete che è il mio tipo / Un uomo dozzinale è un uomo sano”, avverte, descrivendo un amante che indossa i calzini con i sandali e che ama la capoeira.
Sono proprio l’impertinenza e l’umorismo che rendono Deacon brillante, soprattutto perché non sacrificano la teatralità che ha reso Serpentwithfeet un progetto così originale. In Same Size Shoes, Wise è talmente estasiato dall’idea che lui e il suo compagno possano scambiarsi le scarpe da esclamare: “portatemi la tromba!”. La “tromba” è in realtà la sua voce, che si avventura in un ritornello in scat. In Wood Boy – sì, parla proprio di quello a cui state pensando – spiega che il buon sesso riesce letteralmente a metterlo sottosopra: “Dov’è il supermercato? Qual è il mio indirizzo? Com’è che mi chiamo?”.
Verso la fine di Deacon, però, Wise mette da parte le battute per esprimere una gratitudine genuina. Fellowship, scritta con Lil Silva e Sampha, è un’ode all’amicizia nera e queer, ma anche una lettera d’amore dedicata alla sua nuova maturità, alle fondamenta che ha costruito per se stesso. “Forse è la benedizione dei 30 anni”, si chiede. “Passo meno tempo a preoccuparmi e di più a raccontare l’amore”. Suona sia come una celebrazione che come un sospiro di sollievo.
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.