Bum-cia bum-cia cata-bum bum-cia bum-cia. Questa faccenda iniziava così vent’anni fa e inizia così ancora oggi. È cambiato inevitabilmente il mondo attorno, figuriamoci, è normale. Quel che invece non è affatto normale è che nell’arco di un ventennio non si sia vista neanche lontanamente l’ombra di una band che abbia raccolto l’eredità enorme dei Subsonica nella scena alternativa italiana. E certo, d’altra parte la scena alternativa è scomparsa proprio, è arrivato l’indie, poi l’itpop e blablabla, sta di fatto che: Bum-cia bum-cia, questa faccenda inizia così ancora oggi e ancora oggi è una bomba ineguagliata.
Generalmente, alla notizia di qualunque remake o rivisitazione di qualsivoglia opera, metto mano alla pistola. Mi rendo conto che può sembrare reazionario, ma se devo scegliere tra l’ascolto del remake di un disco cult o quello di un lavoro inedito anche meno ambizioso, preferisco la seconda opzione. D’altra parte non mi vengono in mente tentativi del genere che abbiano eguagliato, figuriamoci superato, la versione originale. Nella migliore delle ipotesi mettono solo un sacco di nostalgia e di voglia di ascoltare la prima versione, appunto. Ma questo è un discorso noioso.
Microchip temporale è la rielaborazione di Microchip emozionale per celebrarne i vent’anni, contaminandolo con le voci e i contributi di quattordici artisti italiani, nella maggior parte dei casi giovani che nel 1999 erano adolescenti o giù di lì. Ci sto mettendo fin troppo tempo per dire l’unica cosa che conta, ovvero che Microchip emozionale è un disco perfetto e si può rivisitare in qualunque forma: in chiave lirica, in versione ASMR, cantato al contrario, solo strumentale, interpretato da Fabio Fazio, il risultato non cambia, ancora oggi è una bomba ineguagliata. E se è vero, perché è vero, che l’opera originale è ineguagliabile, è altrettanto vero che Microchip temporale è un ottimo pretesto, tutto sommato ben riuscito, per ricordarcelo. Una volta ricordato, finisce sempre allo stesso modo: nello stereo a rotazione per giorni interi, oggi come ieri.
Forse dovrei parlare delle barre di Willie Peyote infilzate dentro a Sonde o di quelle di Nitro in Colpo di pistola, di come la versione di Lasciati insieme a Elisa sia un capolavoro totale, oppure della versione acustica di Tutti i miei sbagli in combutta con Motta, che ci riporta indietro ai tempi di MTV Storytellers e dei falò. Il fatto è che quando uscì per la prima volta Microchip emozionale avevo solo 10 anni, eppure – sono sicuro che lo stesso discorso vale per moltissime persone della mia età e anche per gli artisti coinvolti nel progetto del ventennale – lo considero a pieno titolo un disco della mia adolescenza e della mia generazione e questo perché ancora dopo parecchi anni dall’uscita se ne percepiva ancora intensamente la detonazione. C’era tutta una scena a fare da cassa di risonanza, certo, c’era un contesto culturale diverso, ma non si tratta soltanto di insinuare che oggi tutto questo non sarebbe possibile perché a distanza di sei mesi al massimo un disco è già vecchio e decrepito. E non si tratta nemmeno di elencare quante cose (tantissime) abbia anticipato e previsto o inaugurato Microchip emozionale.
La scena alternativa si è estinta e non si è estinta a caso. Per molti della mia generazione e di quella precedente, quello era un territorio di formazione fondamentale, era un territorio politico e di condivisione di valori seppure grezzi o acerbi. I Subsonica, come gli Afterhours o i Verdena (a modo loro, come sempre), giusto per elencare i colossi, furono e sono tuttora band che a un certo punto potevi vedere dal vivo nei centri sociali, nei club, nei palazzetti o su MTV, e mantenevano coerenza e credibilità in ogni contesto. La scena alternativa italiana, nonostante le infinite discussioni che si potrebbero fare al riguardo, era l’anello di congiunzione fondamentale tra il mondo underground, le controculture e il mainstream, per usare un termine caro ai contemporanei. E questo dava la misura delle cose, era un pallino con scritto “siete qui” sulla mappa, per potersi orientare meglio.
Al di là delle nostalgie, quindi, il valore più grande di Microchip emozionale e (sarà difficile, speriamo) di Microchip temporale è quello di essere un disco di formazione fondamentale da cui dover passare, soprattuto da giovani, per capirci qualcosa di più del mondo e di chi si vuole essere. Perché Liberi tutti non è un pezzo che dice cose a caso, così come Depre o Albe meccaniche. Che poi ci siano anche singoli immortali come Il cielo su Torino o Discolabirinto è solo un valore aggiunto, indipendentemente che si tratti della versione originale o del remake. Metteteci anche il non trascurabile sapersi divertire, ballare fino all’alba e ritornare in motorino sudati fradici e con un sorriso stampato in faccia. E questo i Subsonica sanno regalarlo esattamente come vent’anni fa, e quindi grazie e auguri.