Divisivo è una parola troppo banale per descrivere l’accoglienza riservata al remake radicale di Suspiria girato da Luca Guadagnino. Potrebbe piacervi o farvi scappare dal cinema – non ci sono vie di mezzo. Innanzitutto, cominciamo con il dire che il capolavoro dell’horror di Dario Argento non aveva nessun bisogno di un remake. L’originale, la storia di un’accademia di danza esclusiva gestita da un manipolo di streghe, è ancora disponibile in tutta la sua gloria sanguinolenta e illuminata al neon. È chiaro quanto il film sia importante anche per Guadagnino, talmente importante che il regista di Chiamami col tuo nome ne assorbe l’essenza per riconsegnarci la sua versione muta e cerebrale. Suspiria ’77 offriva 98 minuti di terrore esotico, erotico, anche divertente, accompagnato dalle musiche dei Goblin. Il nuovo film impiega 152 minuti per arrivare a conclusione, la musica è del frontman dei Radiohead Thom Yorke, che ci aiuta a perderci nella pellicola. Vale la pena specificare che il film è pieno di sottotesto, e che fareste meglio a prestare attenzione. Potrebbe servire per un quiz.
Guadagnino e lo sceneggiatore David Kagjanich presentano la loro versione della storia in sei atti, più un epilogo. Dakota Johnson, finalmente libera dalle manette bondage delle Cinquanta sfumature, è una straordinaria Susie Bannon, una ragazza dell’Ohio che arriva nella Berlino degli anni ’70 per studiare nella prestigiosa Helena Markos Dance Academy. La ragazza è subito colpita dai rimandi alla storia tedesca, dall’era nazista fino al muro di Berlino fuori dalle porte della sua accademia. La Baader-Meinhof Gang, un violento gruppo di attivisti di sinistra, mette a ferro e fuoco le strade per creare una nuova Germania. C’è pericolo dappertutto, soprattutto dentro l’accademia dove Madame Blanc (Tilda Swinton) sceglie Susie per una parte in Volk, un’opera di danza moderna coreografia da Damien Jalet, talmente faticosa e violenta che un singolo movimento sbagliato potrebbe portare a un doloroso infortunio. Swinton è fantastica nel suo ruolo, la sua direttrice è interpretata con sprazzi di Pina Bausch e improvvise scariche di calore che rendono tutte le ragazze sue schiave.
In realtà l’attrice è già apparsa in precedenza, ricoperta di trucco e protesi, nei panni del Dr. Josef Klemperer, un vecchio psicanalista tedesco consumato dalla colpa per aver lasciato che sua moglie (Jessica Harper, la Susie originale, qui in un cameo) cadesse preda dei nazisti. Il dottore sta curando Patricia Hingle (Chloe Grace Moretz), una studentessa dell’accademia convinta che le streghe a capo dell’accademia vogliano “svuotarla e mangiare la sua fica su un piatto”. Per il dottore è un’affermazione folle, un delirio frutto di paranoia, ed è come se il film volesse ricordarci i tentativi del patriarcato di liberarsi delle accuse delle donne. Guadagnino trasforma presto la paranoia in realtà: mentre Susie balla sul palcoscenico, Olga, un’altra studentessa, è al piano di sotto, intrappolata in una sala prove mentre il suo corpo è attaccato dall’interno, come una sorta di parodia inquietante delle movenze di Susie. È una scena di puro terrore, fotografata da Sayombhu Mukdeeprom e montata da Walter Fasano con una brutalità geniale.
Suspiria è ricco di scene così. Questa versione 2.0 raggiunge picchi di meraviglia allucinata, viziata però dalla durata eccessiva e dal desiderio di dare all’orrore un contesto storico che è tanto grandioso quanto confusionario, folle, esasperante e incancellabile. Un film ambiziosissimo, anche per Guadagnino. Ma osservarlo mentre attraversa l’orrore alla ricerca di una verità segreta è un’esperienza indimenticabile.