Ogni anno, l’evento più atteso dai fanatici del Wrestling WWE è la cosiddetta Royal Rumble, un match in cui sul ring si sfidano contemporaneamente tutti i lottatori beniamini del pubblico. Cosa c’entra? Semplice, è la metafora migliore per raccontare Terminator Genisys, ultimo capitolo della saga che, nel lontano 1984, ha lanciato definitivamente “mister blockbuster” James Cameron. Un film in cui volano senza sosta proiettili e mazzate, e dove ritornano tutti assieme i Cyborg che hanno funestato in passato i sogni della povera Sarah Connor.
Con il precedente Terminator Salvation, il tentativo di dare nuova linfa alla serie è naufragato miseramente trascinando nel baratro anche la casa di produzione detentrice dei diritti. Riacquistati, Paramount e Skydance hanno deciso di far ripartire il tutto con un reboot di bassa qualità che, attraverso la reintroduzione dell’ormai usurato Arnold Schwarzenegger, riuscisse a riportare la gente in sala. Il buon Schwarzy ammicca alla cinepresa come non mai e riesce solo in parte a salvarsi, cercando di intenerire tutti al grido di «Sono vecchio, ma non obsoleto!».
Come avrete già intuito, gli sceneggiatori Laeta Kalogridis e Patrick Lussier non perdono molto tempo: oltre a uno strano gioco d’incastri temporali, il resto della storia che consegnano nelle mani di Alan Taylor, già regista di Thor: The Dark World, è un banalissimo iperconcentrato d’azione e adrenalina. Sicuramente non ci si annoia, seppur consapevoli di assistere a uno spettacolo già visto nonostante i nuovi innesti Jai Courtney e la bellissima Emilia Clarke (sì, proprio la Daenerys Targaryen di Game of Thrones).
Un cinema che cerca di fare della quantità un punto di forza, ma che probabilmente, con una natura così approssimativa, sarà dimenticato molto alla svelta. Infatti, dopo aver visto insieme sullo stesso ring l’iper palestrato T-800, il viscido T-1000 e il super moderno T-3000, ci si può solo augurare che questo match sia l’ultimo.