All’età di 88 anni, Clint Eastwood – il custode del sacro fuoco del cinema, l’ormai eterno Dirty Harry – si piega ma non si rompe mai ne Il Corriere – The Mule, la vera storia di Earl Stone, che di anni ne ha 90. Earl è un orticoltore divorziato di Peoria, Illinois, che si è stancato di far crescere cose piccole, tranne forse il suo portafoglio. Così, quasi per caso, Earl si trova a trasportare carichi illegali da Chicago a El Paso per un cartello della droga messicano.
Non è certo un lavoro raccomandato dall’AARP, l’associazione americana dei pensionati, ma il vecchio pensa di poter guadagnare qualche soldo per aiutare la famiglia da cui si è allontanato, pagare per l’educazione della sua nipotina (Taissa Farmiga) e avere ancora denaro per impedire al ritrovo dei veterani che frequenta di chiudere. Quindi Earl guida, canta insieme a Willie Nelson, Dean Martin o chiunque stia passando alla radio, e consegna la cocaina che a malapena riesce a nascondere nel bagagliaio. È al sicuro, dato che gli sbirri ignorano regolarmente ciò che l’America ignora meglio: gli anziani.
Nel primo film in cui Eastwood dirige se stesso dopo Gran Torino del 2009, il premio Oscar evita la violenza alla “via dal mio giardino” del suo personaggio testa calda in quel film. (Anche se non necessariamente il razzismo generazionale: Earl si riferisce ancora alle persone afro-americane che si ferma ad aiutare ai lati della strada come “negri” e fa battute sui “mangiafagioli” con i suoi colleghi latini). Invece, Eastwood va dritto per la sua strada con quell’improbabile antieroe fino a quando sia la legge – nella persona dell’agente della DEA Colin Bates (Bradley Cooper) – che i trasgressori – guidati dal ricco boss del cartello Laton (Andy Garcia) – inizieranno a lottare per farlo fuori. È anche propenso a fare soste non programmate per andare a trovare i suoi amici o cercare di curare le ferite che ha inflitto alla sua famiglia. L’affidabile Dianne Wiest interpreta Mary, la moglie che ha lasciato per andare in giro come venditore ambulante, mentre Alison Eastwood (sì, c’è una parentela) impersona la figlia di Earl, ancora seccata che papà non si sia preoccupato di pagare il suo matrimonio … o addirittura di assistervi.
Un articolo del New York Times Magazine, “Il corriere della droga 90enne del cartello di Sinola”, ha ispirato lo script dello sceneggiatore di Gran Torino Nick Schenk, che mette in scena un dramma familiare. Ma Eastwood rende The Mule reale e vissuto. Come Earl, si prende il tempo per guardare e imparare dal mondo che lo circonda. Il ritmo ponderato del film potrebbe scoraggiare i fan dell’action, ma non si può resistere all’umorismo con cui Eastwood si permette di aprire crepe nel più ovvio dramma del film. Per comunicare, i trafficanti danno a Earl un telefono usa e getta e questo significa che il vecchio deve imparare a messaggiare. “Quel maledetto Internet rovina tutto”, brontola. E abbiamo detto che i bonus del suo lavoro includono una notte con due prostitute?
Il sesso sembra divertire moltissimo il regista Eastwood, così come i momenti in cui l’alleggerimento del film serve a illuminare il personaggio. Una scena mozzafiato in una tavola calda, dove Eastwood interagisce con la star del suo American Sniper Bradley Cooper, è una sorpresa intelligente. Cooper, formidabile in un ruolo piccolo ma fondamentale, sembra entusiasta di fare a gara di bravura con un grande maestro. I due condividono storie dei loro fallimenti come uomini di famiglia, ma l’agente – ignaro di parlare con un criminale – fa una cavolata perché non presta attenzione.
Eastwood, bisogna dargliene atto, non interpreta mai Earl come troppo cieco o ingenuo per non rendersi conto dei confini morali che sta attraversando. The Mule è più di uno studio del personaggio emerito di Dirty Harry. Sono le deviazioni lungo la strada – le fermate che mostrano un vecchio che affronta le scarse possibilità di cambiamento alla fine della sua vita – che rivelano come questo drama sull’inverno di un corriere della droga sia una resa dei conti profondamente personale.