'The OA - Part II' è un lunghissimo video di Björk | Rolling Stone Italia
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‘The OA – Part II’ è un lunghissimo video di Björk

Tra universi paralleli, rivelazioni mistiche e monologhi new age, la seconda stagione conferma che lo show di Brit Marling è la serie più ambiziosa e inclassificabile di Netflix. Per apprezzarla davvero, però, bisogna fare i conti con le sue assurdità

OA

Tre anni fa, con un trailer a sorpresa, debuttava su Netflix una strana serie su una ragazza cieca che, scomparsa da sette anni, torna nella sua città con delle strane cicatrici sulla schiena, una missione, e di nuovo con il dono della vista. The OA, scritta da Brit Marling e Dal Batmanglij – rispettivamente la protagonista Prairie e il regista di tutti gli episodi –, si presentava come un ibrido tra fantascienza, thriller e dramma indie.

Gran parte del fascino del racconto era legato alla natura di Prairie, al miracolo della sua guarigione e al mistero della sua scomparsa: episodio dopo episodio, sia il pubblico che gli altri personaggi dovevano decifrare il racconto di una ragazza traumatizzata, di un narratore inaffidabile, e capire quanto ci fosse di vero. La svolta hard sci-fi del finale, che mescolava viaggi dimensionali e una sparatoria in una scuola, divise sia la critica che il pubblico tra chi aveva apprezzato le trovate più visionarie dello show e chi, invece, non sopportava quanto la storia fosse vaga e inconsistente. Bene, a tre anni di distanza, sappiate che The OA – Part II non fa neanche un passo indietro.

The OA: Part II | Official Trailer [HD] | Netflix

Se avete visto i primi secondi del trailer, sapete già che il salto di Prairie è riuscito, e che la ragazza è viva e vegeta in una dimensione alternativa – siamo a San Francisco, e il presidente degli Stati Uniti è Joe Biden. La serie ignora la sua protagonista per metà del primo episodio, tutto dedicato a presentare la grande novità della nuova stagione: Karim Washington, giovane detective alla ricerca di una ragazza scomparsa. Il personaggio interpretato da Kingsley Ben Adir è al centro della storyline principale della dimensione alternativa, un’indagine che tiene insieme un gioco online che intrappola i ragazzini, una tech startup misteriosa, una casa infestata e l’interpretazione dei sogni. Per una serie che si prende così tanto sul serio come The OA, il personaggio di Washington è una boccata d’aria fresca: è simpatico, cool, ragionevole, e preferisce passare all’azione piuttosto che perdersi in monologhi new age. Potremmo definirlo un “narratore affidabile”, l’unico personaggio della serie che si pone le stesse domande del pubblico. La sua storia si intreccerà presto con quella di Prairie, e l’indagine prenderà strade imprevedibili e piuttosto inquietanti.

Nel frattempo, nella “nostra dimensione”, gli altri protagonisti della prima stagione sono alle prese con le conseguenze della sparatoria e con la scomparsa di Prairie. La loro storia è raccontata in due toccanti episodi paralleli, quasi una serie nella serie, dai toni molto più dimessi e drammatici, che danno respiro dopo le cavalcate psichedeliche della San Francisco Alternativa.

Karim Washington (Kingsley Ben Adir)

La ricerca della ragazza scomparsa e dei segreti del viaggio dimensionale trasforma l’indagine di Karim in una sorta di viaggio iniziatico, e la serie prende una piega decisamente mistica. Karim, Prairie, il Dr. Hunter Percy, tutti si avventurano in corridoi avvolti nell’oscurità, aprono porte verso l’ignoto, si immergono in pozzi e piscine, hanno visioni e rivelazioni continue. Non è semplice, senza fare spoiler, spiegare quanto si siano spinti lontano gli autori di The OA. Ma sappiate che c’è un momento, nell’episodio centrale della stagione, da cui non si torna più indietro, e coincide con l’apparizione del personaggio “Vecchia Notte”. Da questo punto in poi, The OA diventa una specie di misto tra Twin Peaks, un video di Björk e Il libro dei segreti di Osho. Tra polpi telepatici, robot ballerini e metafore bibliche, vi chiederete se valeva davvero la pena stare a guardare le assurdità kitsch degli autori. The OA non è sempre all’altezza, e non mantiene molte delle promesse che fa episodio dopo episodio. Ma ci vuole un’ambizione smisurata per scrivere una serie così, e vale la pena guardarla sia per i suoi successi che per i suoi disastri.

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