Ogni nuovo disco dei Verdena va preso come una sorta di reazione al lavoro che l’ha preceduto. È sempre stato così: l’unica regola del pollaio (la loro famosa sala prove/studio di registrazione), è che conta solo quello che succede nel pollaio. Il mondo esterno non esiste: la lotta, eterna, è sempre solo e soltanto contro se stessi.
E se WOW era la risposta brillante, bianca e luminosa all’oscurità di Requiem, Endkadenz – di nuovo un doppio, ma che esce “a puntate” solo per esigenze discografiche e di fruizione – rappresenta la nota di colore. Non una pennellata, ma una vera e propria secchiata di vernice sul muro, enfatizzata da una produzione ricca ma non barocca, sporca ma curata in ogni dettaglio e attraversata da una distorsione che caratterizza tutti i brani.
I Verdena sanno scrivere grandi canzoni, e si sa, col tempo hanno anche imparato a distruggerle e a trasformarle: devi immergerti negli strati per arrivare al nocciolo e quando accade è godimento. Capiremo tutto solo con l’arrivo del volume due, ma va già benissimo così.