All Mirrors di Angel Olsen era un perfetto disco pre-pandemia: era musica elegante con grandi arrangiamenti orchestrali, scritta per chi passava la notte a passare da un locale all’altro. Poco meno di un anno dopo, i locali in cui si balla sono chiusi e Olsen è tornata con un disco magnificamente intimo.
Whole New Mess presenta il materiale di All Mirrors nella forma originale. Olsen l’ha registrato nell’autunno del 2018 all’Unknown, la chiesa di Anacortes, Washington che Phil Everum ha trasformato in uno studio di registrazione. Gli arrangiamenti grandiosi e cinematografici sono spariti, ora Olsen e la sua chitarra hanno tutto lo spazio per esplorare un’intensità emotiva ruvida e raccontare la dissoluzione di una lunga relazione.
Whole New Mess evoca sia il suo debutto Strange Cacti del 2010, sia Nebraska di Bruce Springsteen: è un disco in cui Olsen mette a nudo la propria vulnerabilità da una casa sulla collina, da una Mansion on the Hill. “C’è voluto un po’, ma ne sono uscita”, canta Olsen in (Summer Song), un brano che adesso sembra infinitamente più bello, “se potessi mostrarti l’inferno da cui sono passata”. In Waving and Smiling, canzone stupefacente che fa da architrave al disco, supera la rottura: “Sorrido salutando / un amore per sempre vivo e morente / Il sole brilla, il sole brilla”.
In principio, Olsen voleva pubblicare All Mirrors e Whole New Mess contemporaneamente. «Pensavo sarebbe stato bello averli assieme», ha detto, «poi ho capito che era meglio far sì che la gente tornasse ad ascoltare il materiale di Whole New Mess dopo un po’ di tempo, invece che paragonarlo subito a All Mirrors». Pubblicare i due dischi a distanza l’uno dall’altro ha permesso alle canzoni di respirare, e ora Whole New Mess suona come un album a parte. “È difficile dire amore eterno”, recita Chance. Era il finale epico di All Mirrors, ora è una nenia funebre. “L’eternità è così lontana”.
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.