“A volte devi credere in te stesso”, canta Tom Petty in California, uno degli inediti che non sono mai arrivati nella versione del 1994 del suo capolavoro Wildflowers. Non è una rivelazione: è una delle canzoni di quelle session che, stranamente, due anni dopo sarebbero finite nella colonna sonora del film She’s the One (Il senso dell’amore).
Ora che abbiamo ascoltato i cinque dischi della raccolta Wildflowers & All the Rest abbiamo capito una cosa: bisogna sempre fidarsi della visione artistica di Tom Petty. Questa è un’immacolata versione del disco che rispetta i piani originali del cantautore (voleva fare un doppio album, ma la sua etichetta, Warner Bros, rifiutò per una serie di ragioni) e contiene inediti, performance dal vivo, demo casalinghe.
Le canzoni che sarebbero finite sul secondo disco di Wildflowers sono le più rivelatorie: ci sono brani dimenticati da tempo come l’arpeggiata Harry Green, il mid-tempo sognante di Something Could Happen, la power ballad Somewhere Under Heaven (pubblicata a mo’ di teaser prematuro in un box set del 2015) arricchiscono ulteriormente la tavolozza con cui Petty ha lavorato dal 1992, il periodo in cui ha iniziato a scrivere un disco che ora sembra ancora più stratificato, ma coeso, impressionante.
I momenti più illuminanti cono contenuti nelle registrazioni casalinghe e nelle versioni alternative, prime bozze di quelli che sono diventati classici. Le ossessioni che guidano il protagonista di Crawling Back to You suonano ancora più spettrali e implacabili nel demo, mentre la versione alternativa a base di chitarre distorte porta il brano nel territorio delle ballate dei Replacements. Petty suona zen e rilassato come mai mentre medita sulla pace pastorale della title track e in You Wreck Me è spontaneo e libero mentre il pianoforte sostituisce la chitarra per suonare l’iconico riff del pezzo.
«È un pezzo che suonavamo in Mississippi», dice introducendo una versione dal vivo di To Find a Friend. «Questa canzone parla di una cosa che probabilmente non è mai successa a nessuno del pubblico: un tizio arriva alla mezza età e lascia la moglie, si compra una macchina veloce e inizia a ubriacarsi», e sembra quasi di vederlo ghignare.
Così come negli anni successivi all’uscita del disco Petty ha rivelato sul palco e nelle interviste qualcosa in più sul periodo personale buio da cui sono scatirite queste canzoni, il cofanetto mette in mostra il processo creativo che ha portato a Wildflowers. È l’espressione artistica definitiva della sua carriera e getta luce su uno dei periodi più fruttuosi e ispirati di una vera leggenda americana.
Questo articolo è stato tradotto da Rolling Stone US.