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Wildlife, il selvaggio ritratto di famiglia di Paul Dano

L'attore esordisce alla regia col botto, dirigendo Jake Gyllenhaal e Carey Mulligan nella storia di una famiglia che deve sopravvivere a un incendio del quale non vediamo mai le fiamme.
4 / 5

«Sapevo che i miei film sarebbero stati film sulla famiglia dal primo momento in cui ho capito di voler fare il regista», dichiara Paul Dano, che dopo aver recitato in più di 30 lungometraggi, essere stato un daltonico lettore di Nietzsche che ha fatto il voto del silenzio, poi un predicatore invasato e il suo gemello e, per due ore, Brian Wilson, è diventato l’attore icona della sua generazione e ora punta più in alto. In questi giorni il suo debutto da regista, Wildlife, scritto insieme alla compagna Zoe Kazan e tratto dal romanzo Incendi di Richard Ford, arriva al 36esimo Torino Film Festival e racconta la storia di Jerry (Jake Gyllenhaal), Jeannette (Carey Mulligan) e Joe (Ed Oxenbould): un padre, una madre e un figlio adolescente i cui ruoli in un momento di crisi si confondono.

Montana, anni Sessanta. L’introverso Jerry lavora in un campo da golf, i suoi clienti gli sono affezionati, la moglie lo aspetta a casa, il figlio è il primo della classe. Tutto sembra promettere che andrà sempre così. Quando però un giorno, all’improvviso, Jerry viene licenziato e cade in un esaurimento nervoso senza trovare una via d’uscita, tutto deve cambiare. Ci provano per primi Jeannette, che trova un lavoro come insegnante di nuoto, e Joe, che diventa apprendista fotografo, ma i loro sforzi non bastano. Jerry li abbandona per arruolarsi tra i volontari che stanno spegnendo gli incendi scoppiati al confine con il Canada. Nel libro di Ford, il cielo è «meraviglioso, scuro, pieno di colori», nel film di Dano è livido: guardiamo scorrere davanti a noi la storia di una famiglia che deve sopravvivere a un incendio del quale non vediamo mai le fiamme.

Perché non ce n’è bisogno. Il fulcro di Wildlife e la sua parte più riuscita stanno nel ritratto che Dano fa del rapporto che si instaura tra la madre e il figlio quando il padre se ne va. Uscito di scena Jerry, il nuovo, rimpicciolito, microcosmo familiare si fa ancora più ibrido e interessante. La vera protagonista del film diventa Carey Mulligan, che nel suo primo ruolo da donna adulta offre una delle sue migliori interpretazioni e si trasforma da brava moglie in fantastica scoppiata nel giro di una notte nella quale esprime un solo desiderio: che l’indomani accada qualcosa che potrà farli sentire diversi. Troverà lavoro in una concessionaria, indosserà “vestiti della disperazione”, ballerà il cha-cha-cha con un uomo zoppo che non ama, con la speranza di assicurare a lei e a Joe un futuro migliore per poi ritrovarsi – in una delle scene più belle del film – in una tavola calda davanti al figlio che le chiede «Quanti anni hai?».

Chi conosce meglio l’altro? Chi si prende cura di chi? Sono alcune delle domande che vengono in mente vedendo l’esordio di Paul Dano, e senza nessun sentimentalismo dietro. Per un regista che a 34 anni sa raccontare con tanto controllo una storia sull’irrazionalità e l’impenetrabilità dei legami familiari, tanto difficili da capire quanto da mettere in scena, questo solo è l’inizio.

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