Non per dare ragione ai sommelier da vinile tra i miei amici, ma un ritorno al caro formato lato A e B, con quattro pezzi ciascuno, avrebbe fatto benissimo a World on Fire. E se otto tracce invece delle 17 da tracklist vi possono sembrare un tantino misere, in questo caso potrei venirvi incontro salendo a 11, massimo 12, restituendovi un vero e proprio disco della madonna.
Vi propongo un ascolto a partire dal quarto pezzo, Wicked Stone, classico mid-tempo di Slash solista con un tappetone riffato basso nel mix a dargli un’impronta minacciosa. Segue 30 Years to Life che pur partendo male con un double lead da tributo liceale ai Maiden, si riprende con un bridge da brividi e un assolo in memoria dei tempi gloriosi di You Could Be Mine.
A Slash il senso del tragico non è mai mancato e Bent to Fly, intensissima, rientra nella casistica. Stone Blind è il primo vero gran pezzo di World on Fire. Tetra e con un super riffone intricante e avvolgente, non vi farà rimpiangere i migliori Guns N’Roses post-Appetite. Da qui in poi World on Fire prende il volo: Too Far Gone con un riff pazzesco stimolerà neuroni che non sapevate neanche di avere mentre Battleground è uno di quei pezzi trionfali e struggenti che alla coppia Slash/Myles Kennedy viene molto bene, vedi Starlight, magistrale pezzaccio del 2010.
Dirty Girl è lasciva, seducente, gloriosa e anche un po’ porca. I pezzi del finale sono uno meglio dell’altro, Iris of the Storm ha un che di Meatloaf, mentre Avalon, con echi dei Queen più rockettari, pompa di brutto e qui mi rimangio definitivamente le cattiverie di inizio recensione. Slash e la band sono in formissima e se effettivamente hanno peccato in abbondanza (90 minuti di album sono troppi) mi sembra giusto perdonarli, in fondo basta solo passare alla canzone successiva.