Ieri pomeriggio si è aggiunto un altro capitolo a una delle vicende di malapolizia e malagiustizia più grottesche degli ultimi anni. Su molte testate giornalistiche ieri sono stati pubblicati articoli sull’esito della perizia medico legale per le indagini preliminari nell’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi – volta a chiarire l’effettiva portata delle lesioni documentate dalle foto angoscianti che tutti conosciamo – in cui si sosteneva che la morte sarebbe dovuta a una crisi epilettica, senza alcuna menzione al pestaggio subito da Cucchi in carcere né al mancato soccorso dei medici cui era stata affidata la vita di Stefano.
Cucchi venne fermato a Roma la sera del 15 ottobre 2009 perché trovato in possesso di cannabis e cocaina, e viene chiuso in una cella di sicurezza in seguito alla convalida per l’arresto emessa il mattino seguente dal tribunale. Stando a quanto denunciato dalla famiglia, in carcere Cucchi sarebbe stato selvaggiamente pestato da alcuni agenti della Polizia Penitenziaria, tanto da provocare la rottura di due vertebre, come accertato al tempo dallo staff medico del Regina Coeli e del Fatebenefratelli. Una vicenda all’epoca durata sette giorni, tra carceri e ospedali, senza che a Stefano fosse concesso di vedere né avvocati né i famigliari.
Durante il processo per direttissima del 16 ottobre 2009, nessuno sembrò notare le evidenti contusioni già presenti sul corpo del ragazzo: «Gip e Pm non lo guardarono neppure in faccia, era considerato un “ultimo” e così lo hanno trattato; Stefano è morto di giustizia», disse Ilaria Cucchi in alcune interviste rilasciate in seguito alle assoluzioni di tutti gli imputati, dagli agenti implicati nel pestaggio ai medici del pronto soccorso dell’ospedale Pertini, accusati di concorso in omicidio per non aver prontamente prestato soccorso a Stefano in fin di vita. Una storia di abusi di potere, silenzi e umiliazioni che da ormai sette anni trascina il caso Cucchi fra omissioni e rimandi burocratici, in uno scenario sempre più simile a un processo kafkiano, dove l’imputato viene ucciso per mano dei suoi guardiani prima che sia riconosciuta una colpa davanti al giudice.
Quando ieri dalle pagine delle testate on-line era trapelato che dalle nuove indagini risultasse un attacco epilettico come causa della morte, sembrava che un altro macigno d’ingiustizia si fosse aggiunto alle umiliazioni subite da Stefano. Un portavoce del sindacato di Polizia Coisp commentava invitando la famiglia Cucchi “a chiedere scusa a tutti gli agenti” per “la montatura mediatica”; l’ex Ministro Giovanardi esultava dopo che, ai tempi del processo, aveva definito Stefano “una larva”, “uno scarto della società”.
Tuttavia ci ha pensato Ilaria Cucchi a far chiarezza su quanto era stato omesso dai giornali sottolineando, grazie a un post su Facebook, che la cecità di chi al tempo non voleva vedere il viso tumefatto di Stefano non era stata capace, questa volta, di leggere per intero la perizia.
AVREMO UN PROCESSO PER OMICIDIO
Queste sono le conclusioni della Perizia Introna.
Il perito Introna tenta di scrivere la…Pubblicato da Ilaria Cucchi su Martedì 4 ottobre 2016
I risultati, infatti, in realtà escludono la possibilità che la morte sia avvenuta per epilessia – avanzando, inoltre, l’eventualità che Stefano non avesse ricevuto in carcere gli adeguati medicinali – ammettendo soprattutto come unici dati oggettivi le fratture alla colonna vertebrale dovute al presunto pestaggio, le quali causarono il globo vescicale che causò l’arresto cardiaco che i medici avrebbero potuto fermare.
Per cui, come confermato ieri dallo stesso avvocato della famiglia Cucchi, si riapre la possibilità di riportare davanti ai giudici i responsabili – chi picchiò a morte e chi dalla morte avrebbe dovuto salvare – perché a Stefano non sopravviva ancora una volta la vergogna.