Nella giornata di ieri è diventato virale (120 000 like e 75 000 condivisioni circa) il post di un passeggero di un Freccia Rossa (tale Luca Caruso). Aveva postato la foto di un passeggero di colore che, a suo dire, era sprovvisto di biglietto, non parlava italiano ed era senza documenti. Il post aveva immediatamente provocato una valanga di commenti indignati, offensivi e razzisti sul tema “ammazziamoli tutti”, “vengono qui e fanno come gli pare”, “tanto non gli fanno nulla perché è il paese dei balocchi”. In serata, tramite Trenitalia contattata dal sito Valigia Blu, era poi arrivata la secca smentita del controllore di quel treno che diceva in sostanza: “è vero che non parlava italiano e non aveva documenti, ma dopo un qui pro qui iniziale ho potuto accertare che possedeva il biglietto”.
A commento dell’accaduto, pubblichiamo la lettera arrivata a Rolling Stone di un pubblico ministero della procura di Pescara:
Ho appena letto il post di Luca Caruso.
Ciò che davvero mi fa ribollire il sangue è che venga impropriamente chiamata in causa, come grande assente e responsabile di tutti i mali, la certezza della pena.
Da Pubblico Ministero sono il primo a testimoniare che c’è un problema di certezza della pena. Se la pena fosse certa non ci troveremmo i pregiudicati in Parlamento, quel Parlamento che cambia le leggi, sempre pro reo, in modo tale da mandarti all’aria il lavoro di anni (basta pensare all’intervento normativo della Legge Severino sul delitto di concussione…..).
La certezza della pena non c’è, perché siccome le carceri sono piene e non possiamo costruirne altre, il legislatore non fa altro che intervenire per ridurre il numero delle persone che, in fase cautelare o in via definitiva, possono entrarci.
Però la non certezza della pena è anche il motivo per cui ci ritroviamo fior di imprenditori che, denunciati per bancarotta (delitto terribile perché i danneggiati sono altri imprenditori, se non gli stessi dipendenti, i quali non vedranno mai i soldi che si sono guadagnati) o per omesso versamento IVA (quindi non contribuiscono alla gestione della cosa pubblica come dovrebbero, con evidente danno economico per tutta la società), continuano a fare la bella vita, come se non avessero alcun debito con lo Stato e i cittadini. Anche perché, diciamolo chiaramente, che il nero non paghi il biglietto del treno ci rompe assai, ma l’imprenditore che non paga le tasse…..eh, quello è un figo!
Ecco, allora, domani posterò su Facebook le foto di tutti gli indagati della mia Procura per bancarotta o omesso versamento Iva mentre stanno al ristorante, in vacanza o in giro sulle loro favolose auto (tutte foto facilmente reperibili su Facebook) scrivendo “in Italia quello che manca è la certezza della pena”.
Ovviamente non posso farlo e mai lo farei. Ma sono stufo di sentire commenti beceri. E sono ancora più stufo del fatto che i social network diano voce a chi non ha nulla da comunicare se non l’odio sociale.
Un Pubblico Ministero della procura di Pescara