Biodegradabile, Bali sta morendo mentre in Italia litighiamo | Rolling Stone Italia
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Se due centesimi a busta vi sembrano troppi, non venite più a Bali

Mentre in Italia scoppia la polemica sui sacchetti biodegradabili, l'isola da molti considerata un paradiso terrestre sta morendo sepolta dai rifiuti di plastica

Mi chiamo Jacopo Simonetta e sono un milanese che vive a Bali da 17 anni. In questi giorni, mentre in Italia litigate per i due centesimi spesi per un sacchetto di plastica biodegradabile, molti di voi, come ogni anno nuovo che si affaccia, staranno già cercando i loro voli per la prossima vacanza a Bali. Forse lo farete nei prossimi mesi, siete tantissimi a fare le vacanze in Indonesia. Allora voglio raccontarvi cosa sta succedendo qui, nella mia, nella vostra amata Bali da qualche anno per colpa della plastica.

Bali sta morendo

Qualche mattina fa ho fatto 30 minuti di corsa da Seminyak a Kuta e quei 30 minuti mi hanno lasciato senza parole. Credetemi. In 17 anni di Bali non ho mai visto niente del genere. Un mare di plastica in una delle spiagge più famose di Bali: Kuta Beach. Guardate il video che ho girato e ditemi se riconoscete la spiaggia del surf, delle feste, dei bagni di sole.



E allora provo a spiegarvi cosa sta succedendo qui e perché non dovreste litigare per le buste biodegradabili, ma desiderare che tutto il mondo vada in questa direzione, e al più presto. L’Indonesia, paese del terzo mondo in tutti i sensi, ha abbracciato in maniera spudorata la produzione di massa di mono-porzioni d’acqua e di junk food. La pubblicità martella il cittadino indonesiano in modo coordinato e implacabile e su ogni canale locale vedi ore e ore di “push” di merendine di ogni tipo, di bevande di ogni tipo, di instant-food (sono delle coppe di cibo precotto o a volte disidratato che, una volta aggiunta l’acqua, devi mettere nel microonde).

Ognuno di questi prodotti viene “servito” alla popolazione confezionato in buste o contenitori di plastica. La vita frenetica e il costo della vita impone all’indonesiano medio diverse rinunce. La loro ignoranza li porta a rinunciare a nutrirsi in un modo sano ed equilibrato. Il risultato è che 250.000.000 di indonesiani, martellati da una pubblicità incessante, si stanno nutrendo di cibo preconfezionato e, una volta consumato il “pasto”, buttano in strada, nei canali, nei fiumi, nel mare, il micro contenitore vuoto. Moltiplicate questo “habit” per 3 volte al giorno, per 365 giorni all’anno e vedrete che il calcolo vi porterà rapidamente a cifre stratosferiche. Inoltre dovete sapere che ogni indonesiano non si limita a quei micro pasti, ma durante la giornata consuma molto altro.

L’indonesiano medio, specie le donne (che sono quelle che poi fanno i lavori più duri) consumano 5 – 10 micro pasti al giorno. Si ‘fanno’ di zucchero e di fritto, e visto che la Coca Cola costa cara, bevono sostanze zuccherine dai mille colori, da micro sacchetti di plastica, gettando l’involucro vuoto appena hanno finito. Non per altro la popolazione indonesiana ha un tasso di diabete che sta crescendo a vista d’occhio. Le micro-dosi di cibo hanno invaso le mense scolastiche, le mense aziendali, i supermercati, i mini market. Ci sono catene di mini market, quali K-Mart o Circle-K che hanno bancali di decine di metri colmi di ogni schifezza possibile ed immaginabile. Solo di patatine ci saranno 30 gusti diversi: ai gamberetti, al wasabi, al caramello, allo zenzero, alla banana e così via. Cibo che non nutre ma a bassissimo costo. Zuccheri che ti danno la sensazione di essere sazio, una sensazione che dura 50 minuti, poi devi mangiare ancora.

Tutta questa spazzatura viene buttata in strada e si accumula, silenziosa e sorniona, fino alle prime grandi piogge. Quando arriva la stagione delle piogge, la violenza delle precipitazioni e l’enorme massa d’acqua puliscono tutti i vicoletti, tutti i canali, tutti i letti dei fiumi…..e TAC! La plastica si riversa nel mare.

Le grandi piogge coincidono con il periodo dell’anno dove il vento soffia dal mare verso la terra in tutta la parte occidentale di Bali. Quindi, una volta che la plastica arriva in mare, il vento la fa spiaggiare. Simple as that. Medewi, Canggu, Seminyak, Kuta, vengono invase da tonnellate di rifiuti di plastica. Il periodo in cui tutto questo succede è di solito fine novembre – fine febbraio, ma ogni anno varia di qualche settimana. Il risultato lo vedete nel video che ho girato. E vi assicuro che il video non rende l’idea di quello che in realtà arriva sulla spiaggia. Per non parlare dell’odore.

Aggiungete che Bali non ha ancora implementato un reale sistema per lo smaltimento dei rifiuti e che la corruzione è talmente alta che nessun imprenditore straniero è mai riuscito a sviluppare idee concrete sull’argomento e la frittata (di plastica) è servita. E ogni anno la situazione peggiora.

Le cose da dire sarebbero ovviamente molte di più, ma intanto questo è un assaggio. Naturalmente la situazione indonesiana riflette la situazione di molti altri paesi, perché non so se vi è chiaro, ma la sfida per fermare tutto questo, è mondiale.
Pensateci, mentre litigate per le buste biodegradabili. Bali forse è solo la vacanza di qualcuno, ma il mondo è di tutti.

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