A metà tra il memoir e il romanzo di formazione Io vivo di inizi, il libro d’esordio dell’artista e scrittrice Nicoletta Magnani, pubblicato dai tipi di Incontro Editrice, è un pregevole ibrido letterario interamente consacrato al concetto di “scoperta”.
Di pagina in pagina, l’autrice ci accompagna in un viaggio che non è da intendersi unicamente come una sterile “esperienza geografica” da consumare a ritmi forsennati; no, il percorso in cui Magnani intende instradarci ha una natura completamente differente: disconosce la velocità d’esecuzione, è un tragitto esistenziale alla (ri)scoperta di sé che, per forza di cose, esige della lentezza e – perché no – addirittura della stasi.
Lungo un originale itinerario, scientificamente pianificato sulle note di una canzone e con qualche straordinaria deviazione, procedendo nella lettura di Io vivo di inizi si attraversano diversi decenni: saremo catapultati nelle silhouette audaci degli anni Ottanta, nell’innocenza scanzonata degli anni Novanta, nell’ottimismo dei primi anni Duemila; si diventa, per qualche secondo, spettatori di brevi e suggestive “escursioni” nella storia dell’arte, nella mitologia e nella letteratura, nelle contestazioni studentesche, nel costume e nella moda. E, tra le righe di una scrittura quasi teatrale, dinamica e ricca di dialoghi, ci si interroga insieme alla protagonista sull’amore, sulle relazioni e sul senso della vita, lasciando in sospeso le risposte per la fine del viaggio; se mai “il nostro viaggio” finirà.
Con una leggerezza di scrittura mirabile, Magnani ricostruisce le emozioni dell’esistenza a partire da un profumo, da un sapore, da un effetto di luce o dal rumore della pioggia e del vento. In un’epoca di fretta costante, scadenze, di ansia da prestazione e di demonizzazione dei tempi morti, leggere il libro di Magnani è un toccasana per lo spirito.