Il Salone Internazionale del Libro di Torino è, invariabilmente, una creatura indefinibile. Suadente nella sua giungla fitta di appuntamenti tra premi, presentazioni, firmacopie; estenuante quando lo stomaco gorgoglia, la gola si secca, e la lotta per la sopravvivenza diventa protagonista involontaria dell’esperienza. Specie se in città scroscia la pioggia per tutte le giornate più intense della manifestazione e lo spostamento tra stand e padiglioni si fa più simile a una traversata oceanica. Eppure, dati alla mano, stiamo ancora impazzendo per la kermesse torinese dedicata alla grande e piccola editoria. Dalle graphic novel ai saggi, passando per racconti e romanzi, al Salone c’erano proprio tutti. Perché formula che vince non cambia.
Infatti, l’evento principale dell’editoria italiana si riconferma un successo, attira lettori di ogni parte d’Italia e, quest’anno, l’ultimo sotto la direzione dello scrittore Nicola Lagioia, supera ogni record: la XXXV edizione del Salone ha contato 573 stand, 48 sale, 215.000 visitatori totali (con un sabato da record, a staccare un best of assoluto per la manifestazione) e 1.520 eventi (per 112.000 partecipanti). Anche le case editrici confermano la positività di questa edizione, con Adelphi che dichiara un 50% in più nelle vendite come anche Giunti/Bompiani e Iperborea; numeri record in casa Harper Collins Italia, che triplica le vendite della scorsa edizione, ed NN Editore, che stacca un +100%, al pari del Gruppo Mauri Spagnol; Laterza e Gruppo Mondadori dichiarano una crescita del 70%, Neri Pozza del 65%, Gruppo Feltrinelli del 60%, e SUR del 35%.
«Con questi risultati è come partire con la rincorsa»: questo il commento a caldo di Annalena Benini, scrittrice e giornalista, che, dal 2024 e fino al 2026, per tre edizioni, prenderà in mano le redini del Salone in qualità di direttrice. Il conto alla rovescia per l’edizione XXXVI, nel 2024, è già cominciato: il Salone aprirà le porte ai suoi lettori tra il 9 e il 13 maggio prossimi (anche se il direttore uscente Lagioia auspicherebbe un giorno in più). Nel frattempo, qualche consiglio per letture che, siamo pronti a scommettere, ci porteremo dietro per molto tempo, ben oltre i momenti del Salone.
La vita di chi resta, Matteo B. Bianchi, Mondadori
Per Matteo B. Bianchi, recentemente diventato direttore editoriale di Accento Edizioni (casa editrice co-fondata con Alessandro Cattelan), la definizione di “sopravvissuto” sembra calzare stretta. E in effetti, l’evento traumatico che scatena il racconto, nella vita del protagonista come dell’autore del libro, ha più i contorni di un’ombra: scuri, onnipresenti. Un’eclissi, quasi, la definisce Bianchi, totale e persistente. Come se il sole fosse tramontato per sempre. La vita di chi resta è il racconto di una perdita improvvisa, realizzatasi in una telefonata, alla fine di una storia d’amore di sette anni. E degli anni di colpa, dolore, ricerca che seguono. Esaminati al microscopio sentimentale di un autore consapevole. Che ha la capacità di trasformare la contezza della tragedia in forza di vita, e di poesia.
Cose che non si raccontano, Antonella Lattanzi, Einaudi
La scrittura come parola, la parola come catarsi. E chissà che, a dirle, sia proprio lì, che le cose prendono corpo, e mondo. Rientrata in casa Einaudi, Antonella Lattanzi mette insieme, in Cose che non si raccontano, la vana ricerca di un figlio e il macigno biologico che comporta il “fallimento meccanico” di un corpo. Un titolo schietto, che non risparmia sull’intimità, interna e con il lettore. E che si inserisce in un angolo centrale del dibattito socio-culturale contemporaneo, tra maternità desiderate, travagliate, pericolose, istintuali, ottenute, alternative e rifiutate.
Poverina, Chiara Galeazzi, Blackie Edizioni
Per diciannove anni, Chiara Galeazzi si è promessa che “avrebbe scritto di più”. E finalmente, complice una buona dose di sfiga (per dirla come Daria Bignardi) un libro l’ha scritto. Si chiama Poverina, è uscito per Blackie Edizioni, e arriva con la voce dei migliori autori comici: quelli che, cascasse il mondo, sapranno sempre riflettere con intelligenza e sarcasmo sulle (soprattutto proprie) disgrazie, facendo sì che parlino un po’ di tutti. C’è da dire, la sfiga da cui prende le mosse Poverina è da manuale: un ictus a 34 anni, i medici che si congratulano con la paziente per la giovane età a cui ha avuto l’attacco (così recupera prima), e un nutrito stuolo di persone on- e offline che la vorrebbero nuova espiatrice delle colpe dell’umanità a mezzo sofferenza – solo l’ennesima “poverina”, appunto. Ma no, Galeazzi non ci sta: e, senza veli di retorica, costruisce mattone dopo mattone la propria verità. Strappando ben più di una risata.
Storia della pizza, Luca Cesari, Il Saggiatore
Luca Cesari è uno storico della gastronomia, firma del Gambero Rosso, Il Sole 24Ore e Il Gusto – Gruppo GEDI. Dopo La storia della pasta in dieci piatti (Il Saggiatore, vincitore del premio Bancarella della cucina e del Prix de la littérature gastronomique, tradotto in otto lingue), Cesari ritorna con Storia della pizza. Da Napoli a Hollywood, esplorazione in punta di mozzarella filante (o salsa bollente, se la prendete rossa) non tanto di un piatto, né di una ricetta; ma di un mito mondiale e della sua scalata verso il successo su qualsiasi tavola. Un’ottima lettura non solo per salivare prima dei pasti, e farsi venire una signora acquolina, ma anche per decostruire il piatto partenopeo per eccellenza nell’anno in cui Napoli domina senza contrasti la cultura popolare, complice una serie Netflix, una sospirata vittoria di Scudetto, e il sigillo di approvazione di star internazionali.
Ragazza senza prefazione, Luca Tosi, TerraRossa Edizioni
Ragazza senza prefazione è forse un racconto lungo, e non un romanzo. Inserito nella cinquina finalista del Premio POP – Premio Opera Prima di Fondazione Mondadori 2023, di cui i vincitori verranno rivelati il prossimo 31 maggio, Ragazza senza prefazione è l’esordio di Luca Tosi, classe ’90 e penna da vendere. La storia è quella di Marcello, che vorrebbe essere un “vitellone” felliniano per acchiappare la ragazza che, in una notte, è riuscito a farlo innamorare. Invece, Marcello finisce tutt’altro che come un Mastroianni, innescando una concatenazione di eventi tutta sbagliata, che lo porta a desiderare una prefazione a tutto, piuttosto, per favore, così da decidere a priori se proseguire sulle caselle a seguire, oppure no. La voce di Tosi ha l’odore di clorofilla dell’erba falciata di fresco, e inanella con precisione eventi che trascorrono con piccoli lampi di ordinaria, saggia follia. Da segnarsi sul taccuino delle ottime idee, e da scrutinare da vicino per gli anni a venire.
Rombo, Esther Kinsky, Iperborea
Il 21 maggio 2023, la decima edizione del Premio Strega Europeo è stata vinta da Emmanuel Carrère con il romanzo V13, edito da Adelphi, sulle stragi avvenute a Parigi il 13 novembre 2015 tra Bataclan, Stade de France e alcuni bistrot della città. Carrère non ha bisogno di presentazioni, e quindi preferiamo, qui, concentrarci sui “secondi arrivati”. Nello specifico, su Rombo di Esther Kinsky, inserito nella cinquina finalista del Premio. Rombo è un’opera costruita sapientemente sia a livello linguistico che di struttura. Un romanzo che è anche opera antropologica e di esplorazione geologica, per dare voce agli abitanti dei paesi friulani che, il 6 maggio 1976, furono vittime del terremoto passato alla memoria come Terremoto del Friuli. Kinsky intreccia uomo e natura in un dialogo a distanza e dai grandi movimenti intimi, per raccontare la Storia del pianeta che cambia e che invecchia, insieme ai suoi abitanti. Vincitore del Premio Kleist e candidato al Deutscher Buchpreis.
Temevo dicessi l’amore, Mattia Grigolo, TerraRossa Edizioni
«Sai cos’è veramente immortale?» «Cosa?» «La morte». «Temevo dicessi l’amore». Cinque storie, quattordici racconti, una sola Ofelia che ci guarda dal suo solipsismo d’amore, vera figura tragica dell’Amleto di Shakespeare prima, mito iconografico pre-raffaellita dopo, nei quadri di John Everett Millais. Dopo il recente esordio in casa Pidgin con La raggia, Mattia Grigolo continua sul filo della sperimentazione formale, riportando sulla pagina i vivi pensieri della protagonista (ma forse è un protagonista? O un espediente narrativo? È giusto definire il personaggio?) e accompagnandoci sempre più a fondo nella spirale di sentimento assoluto e totalizzante che solo una prosa al limite del flusso di coscienza sa restituire.
Deep Listening, Pauline Oliveros (trad. Diana Lola Posani), Timeo
Timeo l’ha fatto: ha portato in Italia Deep Listening di Pauline Oliveros, pilastro della musica contemporanea, educatrice e scrittrice, scomparsa nel 2016. Sostenuto da un importante apparato teorico, che spazia dal femminismo alle pratiche hacker, Deep Listening è la messa su carta del lascito mastodontico di Oliveros: alla musica contemporanea, soprattutto elettronica, ma anche al pensiero che la sottende, e che assegna all’ascolto un potere pratico, e trasformativo, sulla realtà sociale. Un ottimo blocco di partenza per avvicinarsi alla neonata casa editrice, composta “a vario titolo” da Federico Antonini, Federico Campagna, Assunta Martinese e Corrado Melluso.