Michael Jordan ha definito il trend che ha cambiato la lunghezza dei pantaloncini da basket e alla fine degli anni ’80 quasi nessuno mostrava più le cosce sul campo da gioco, trasformando Michael stesso in un’icona senza tempo e dando vita al marchio. Dal 12 al 14 giugno, si festeggiano trent’anni d’innovazione ed eccellenza, creando una serie di eventi che da New York passano a Parigi. Per celebrare non solo le scarpe, ma anche tutto il movimento cestistico.
Seguono venti curiosità per arrivare preparati ai festeggiamenti di questo weekend, che passeremo a Parigi insieme ad un inviato molto speciale. Prima di partire Ghemon è passato il redazione a raccontarci della sua passione per il basket e noi lo abbiamo messo alla prova attraverso uno streaming interattivo al quale avete potuto partecipare in tantissimi grazie a Periscope, la nuova applicazione di Twitter, e che potete rivedere qui.
Tutte le iniziative che verranno lanciate nei prossimi giorni potranno essere seguite attraverso l’hashtag #WeAreJordan e i canali social di Ghemon, nostro inviato nella capitale francese. Stay tuned!
1. Le auto c’entrano sempre. Fin dall’inizio
Michael Jordan è sempre stato un appassionato di automobili. È una passione che l’ha ispirato nel design di diverse di Air Jordan, come le le Air Jordan XIV, e che l’ha spinto in una avventura di successo nel mondo dei motori nel 2004. Nel 1984, il giovane cestista aveva persino chiesto di includere un’auto nel suo contratto con Nike. Dopo una lunga trattativa il contratto era stato firmato e Jordan aveva ricevuto la sua auto – la prima di una grossa collezione.
2. A Jordan le prime Air Jordan non facevano impazzire, all’inizio
L’estetica delle prime Air Jordan ha definito lo sport e la cultura street per anni. Ma la prima reazione di Jordan, quando ha visto la prima versione della sua sneaker signature con i colori del team, è stata tutt’altro che entusiastica. Il design per lui (abituato a una combinazione di colori più sobria) era stato uno shock: «Non pensiate che mi metterò quelle scarpe, sembrerei un clown».
Non dimentichiamo che Jordan è uno discreto. E che prima del lancio delle Air Jordan le scarpe non si spingevano più in là di una combinazione di bianchi, grigi leggeri e qualche accenno dei colori dei team. Le calzature in campo avevano un tono conservatore (per dirla con un eufemismo) e già solo avere un colore per le partite in casa e un altro quelle in trasferta era un bello strappo rispetto alla norma.
3. Jordan, in origine, voleva dei pantaloncini più lunghi
Michael Jordan ha definito il trend che ha cambiato la lunghezza dei pantaloncini da basket. Alla fine degli anni ’80 quasi nessuno mostrava più le cosce sul campo da gioco. Aveva detto di no ai soliti pantaloncini corti fin dalle prime conversazioni con Nike per definire la sua linea personalizzata. I primi modelli arrivati nei negozi sembrano corti per gli standard di oggi, ma quel pollice in più era già una rivoluzione nel look dello sport.
4. Lo storico logo Jumpman esisteva già nel 1985
C’era un servizio fotografico di Nike con Michael Jordan nella sua iconica posa “airborne” molti anni prima che il logo di Jordan in volo arrivasse ad apparire sulle scarpe. Allora, Jordan usava un altro logo, il “wings logo”. L’immagine che sarebbe diventata iconica era stata stampata su una maglietta nel 1985, col nome di “Jordan Wrap Jumper”. Era la genesi di qualcosa che sarebbe diventato molto più riconoscibile negli anni.
5. Michael Jordan era stato a Parigi, Londra e in Italia, dove aveva rotto un tabellone, nel 1985
Prima della sua seconda stagione da professionista, Michael Jordan era partito per un tour promozionale con Nike in giro per l’Europa. Era l’estate del 1985 e Jordan eveva visitato diverse città, Parigi e Londra comprese. A Trieste, durante una partita, aveva schiacciato così forte da sfondare il tabellone. Un episodio esplosivo, commemorato con una colorazione speciale della Air Jordan I.
6. C’era già un ibrido tra la Jordan I e la Jordan II prima del lancio dei modelli
C’è stata una scarpa che ha fatto a ponte tra i due modelli, una sorta di 1,5. Michael Jordan si era rotto un osso del piede nell’ottobre del 1985, perciò Nike aveva creato un modello speciale con la parte alta della Jordan I rinforzata con una miglior protezione e la suola della II, che dava un feeling migliore sul terreno di gioco. Jordan sarebbe tornato in campo ai playoff, giusto per segnare un nuovo record: avrebbe segnato 63 punti in una sola partita, nell’aprile del 1986.
7. Le Air Jordan II erano fatte in Italia, con tecnologia spagnola
Le Air Jordan II sono uniche. Si vedono delle influenze europee, che gli hanno dato una certa distanza dalle Air Jordan originali. Disegnate in America, queste scarpe hanno parti in gomma realizzate con tecniche innovative inventate in Spagna e parti in pregiata pelle italiana. Sono un prodotto di livello, fatto in Italia, che riflette lo stile di Jordan in quel momento. Hanno rotto le regole, perché mancava il classico baffo Nike (lo “swoosh”) e per le innovazioni interne come gli strap Dynamic Fit.
8. Il logo Jumpman è stato introdotto nel 1988 per adattarsi allo stile di Jordan, che si era fatto più sofisticato
Nell’armadio di Michael Jordan, nel 1988, gli abiti di sartoria avevano iniziato a prendere il posto delle tute. Lo stile raffinato delle Air Jordan II aveva messo le basi su cui Tinker Hatfield avrebbe disegnato le Air Jordan III. Lo stile più sofisticato di Jordan, il suo amore per gli stilisti italiani e per i brand americani avevano aperto la strada per il nuovo logo, uno Jumpman ridisegnato e minimale.
9. Il progetto delle Air Jordan III, all’inizio, si chiamava Air Jordan Revolution
Nei primi schizzi del designer Tinker Hatfield le Air Jordan III si chiamavano Air Jordan Revolution. Hatfield aveva disegnato le Air Max (pubblicizzate con la campagna “Revolution”) e le scarpe da basket Air Revolution. Qualche sconfinamento era inevitabile. Sarebbe stato un nome azzeccato, visto che il design delle Jordan III ha rivoluzionato l’estetica del basket per sempre (e hanno dato il via alla collaborazione tra Hatfield e Jordan).
10. La stampa di elefante, nelle Air Jordan III, non è stata messa solo perché stava bene
La pelle usata nelle Air Jordan III ha reso più lussuosa la linea Jordan. Ma non è stata scelta solo perché stava bene. Jordan stesso racconta che Tinker Hatfield stava cercando il materiale giusto per un capolavoro. Jordan voleva che le scarpe sembrassero sempre nuove, perciò aveva deciso di cambiarle ad ogni partita. Non c’era tempo per adattamenti, ci voleva una scarpa pronta per la partita appena fuori dalla scatola. Hetfield pensò che la pelle di elefante trattata (una cosa mai vista nel mondo del basket) potesse essere la scelta giusta, anche perché avrebbe resistito a tutto lo stress che Jordan gli avrebbe inflitto. Insomma, aveva ragione.
11. La suola trasparente delle Jordan V è stata ispirata a Ritorno al Futuro
Prima delle Air Jordan V, la suola trasparente era una rarità. Tinker Hatfield si era ispirato alle Nike Mag, il modello che aveva appena creato per Ritorno al Futuro Parte Seconda. La suola trasparente e il dettaglio riflettente producevano un bagliore quando i flash delle macchine fotografiche li colpivano, dando al giocatore ancora più visibilità.
12. Molte Air Jordan sono state ispirate dal design di auto italiane
Le linee fluide delle auto italiane, capaci di trasmettere forza e velocità, erano le muse perfette per i modelli delle Air Jordan. Tengono insieme il gioco di Michael Jordan e il suo amore per le automobili. Si vede nei dettagli: la finitura “ad alettone” sulla caviglia delle Air Jordan VI o la ventilazione delle XIV e XVIII.
13. Gli stivali di Batman in Batman – Il ritorno sono costruiti su delle Air Jordan VI
Non siete abbastanza convinti dello status da supereroe di Michael Jordan? Sappiate che Tinker Hatfield ha aiutato anche un altro eroe, disegnando gli stivali dell’uomo pipistrello per il suo film del 1992: ha incorporato le Air Jordan VI in una scarpa molto speciale.
14. La punta pulita delle Air Jordan VI è stata ispirata all’amore di Jordan per le scarpe italiane
Michael Jordan ama le calzature eleganti fatte dagli artigiani italiani. Per questo aveva chiesto a Tinker Hatfield una scarpa dalla punta pulita. Era più facile a dirsi che a farsi, perché le scarpe da basket avevano un rinforzo extra per le partite e gli allenamenti. Non sarebbe stato facile produrla, ma alla fine le Air Jordan VI avrebbero avuto quella punta pulita che sarebbe diventata un elemento ricorrente della serie.
15. Le Air Jordan VII hanno aperto la strada a un’era di Jordan senza il baffo Nike
Il design delle Air Jordan VII era molto coraggioso: pattern d’ispirazione africana, un uso unico delle forme, il nuovo taglio alla caviglia. Era così personale che il brand Nike Air era stato rimosso dalla scarpa. Non era stata una decisione facile, ma Tinker Hatfield aveva capito che la linea Air Jordan avrebbe dovuto volare da sola. Il design avrebbe dovuto parlare da sè.
16. Jordan non ha mai messo le IX in campo, anche se sono ai suoi piedi nella statua che gli è stata dedicata
Le Air Jordan IX sono arrivate proprio quando Michael Jordan aveva annunciato il suo ritiro, perciò non sono delle scarpe che lui ha mai indossato sul campo di gioco – le avrebbero portate, però, molti altri atleti. Quando Michael Jordan era stato immortalato in forma di statua a Chicago, il 1 novembre 1994, aveva ai suoi piedi le Air Jordan IX, che sono rimaste fissate nel tempo grazie a bronzo e granito nero.
17. Le Air Jordan preferite di Spike Lee sono le IX
Anche se Mars Blackmon, il personaggio del suo film Lola Darling (1986), aveva le Air Jordan I, il regista Spike Lee ha detto più volte che le sue preferite sono le Air Jordan IX.
18. Le Air Jordan XII sono ispirate a delle scarpe da donna
Le Air Jordan XII non sono soltanto il modello che Jordan aveva ai piedi quando, l’11 giugno 1997, pur malato, segnò 38 punti. La silhouette sofisticata è ispirata alle calzature femminili. Una scelta poco ortodossa, che aveva permesso a Tinker Hatfield di dare al modello un tocco di classe.
19. Michael Jordan è soprannominato “Black Cat” da metà degli anni Novanta
A metà anni Novanta un amico di Michael Jordan aveva iniziato a chiamarlo “gatto nero”, black cat, per via delle sue mosse feline in campo e la sua fame da predatore. Dopo i primi bozzetti, Tunker Hatfield si era fatto guidare dal fatto nero come ispirazione per le Air Jordan XIII.
20. Il brand Jordan ha messo sotto contratto la prima atleta donna nel 2008
La prima a incarnare lo spirito del team, fatto di eccellenza e determinazione, è stata April Holmes, una atleta che ha perso una gamba nel 2001 e che, da amputata, ha vinto delle medaglie olimpiche sia in Grecia che in Cina. Holmes ha trasformato l’acciaio in oro olimpico, e continua a battere record e a dare motivazione a tutti.