Una delle poche possibilità di guardare film porno in compagnia sono i festival a tema, altrimenti la visione è quasi sempre relegata alla solitudine, spesso associata a intenti onanistici, ma quest’anno il Covid-19 ha ucciso sul nascere qualunque possibilità di fruizione collettiva dal vivo e così alcuni eventi, piuttosto che abdicare, sono trasmigrati online.
È il caso di “Satyrs and Maenads – The Athens Porn Film Festival”, alla sua prima edizione, che si sarebbe dovuto tenere lo scorso maggio, ma ha optato per una preview in streaming di 48 ore di quattro corti greci e uno cipriota e il cui 10% del ricavato è stato destinato al Red Umbrellas Athens, per supportare le lavoratrici e i lavoratori sessuali in Grecia, il quale è stato rimandato a novembre, con la speranza di farlo in presenza.
Così non è stato, perciò l’organizzazione ha comunque deciso di ripetere l’esperienza virtuale: la programmazione è stata resa disponibile dal 20 novembre scorso e prolungata fino al 30 novembre (vista l’accoglienza positiva del pubblico) su Pink Label TV – una piattaforma di film pornografici indipendenti – al costo di 10 euro.
Il festival ha deciso di ospitare solo un lungometraggio suddiviso in 10 episodi, che è (W/HOLE) della statunitense AORTA Films, casa di produzione acclamata nel panorama pornografico indipendente internazionale. Ma il video introduttivo della rassegna è un sarcastico spot promozionale di un’Atene arcobaleno, che racconta in chiave erotica e pornografica i motivi per i quali si dovrebbe andare in Grecia: si intitola Welcome to Athens ed è di Menelas.
Undici le sezioni nelle quali sono stati ospitati 93 film da tutto il mondo, ciascuna legata al mito o alla tradizione greca: Erastes (che nell’Antica Grecia indicava un uomo adulto che aveva una relazione con un giovane, dedicata alle relazioni fra amanti “eteroflessibili” e senza necessariamente il vincolo della coppia, in un’ottica poliamorosa), Euphrosyne (una delle tre Grazie e dea della gioia e dell’allegria, che conteneva cortometraggi spiritosi, ironici, divertenti, perché “anche se prendiamo seriamente il nostro porno, non significa che non possiamo ridere”), Hetairai (o “etère”, dedicata a opere sul lavoro sessuale e la prostituzione: come ricorda il sito, una delle definizioni di prostituta, pórne, è quella che ha dato origine al termine “pornografia”), Lysistrata (dal personaggio dell’omonima commedia di Aristofane, dedicata interamente al piacere femminile), Sapho (ovvero Saffo: anche chi non mastica letteratura greca forse avrà già capito che si trattava di una selezione di cortometraggi che mettono in scena il sesso lesbico), Ganymede (dal nome del più famoso amante di Zeus, che gli concesse l’eterna giovinezza e immortalità, dedicata a corti omosessuali maschili), Teiresias & Pegasus (interamente riservata alla queerness e alle rappresentazioni transgender: il primo è l’indovino per antonomasia della mitologia greca, che secondo uno dei miti fu trasformato in donna per sette anni e poi fu accecato da Era perché rivelò a Zeus che le donne godono di più degli uomini, mentre Pegasus è il cavallo bianco, alato e sacro, scelto come simbolo di queerness della selezione).
Sebbene con soli due film, una parte del festival è stata dedicata alla pornografia che mette in scena il sesso delle persone disabili: Philocteses (ossia Filottete, guerriero greco che ferito durante la spedizione verso Troia fu abbandonato perché inservibile). C’era poi Philoxenia (letteralmente “amore per gli stranieri”) che era un festival nel festival, perché ha ospitato una selezione di corti del Vienna Porn Film Festival per un assaggio di porno austriaco. E in un programma così ricco non poteva di certo mancare un capitolo dedicato al porno politico: Political, appunto. Mentre al BDSM era dedicata la sezione Prometheus era l’ultima sezione elencata, dedicata al BDSM, perché – sotto sotto – può darsi che al titano stare incatenato sia piaciuto.
Ciò che amo del cosiddetto indie porn è la capacità di lasciarmi spiazzata: quando mi ci sono approcciata mi è capitato di domandarmi: “cosa c’entra questo con la pornografia?”. Il punto è che probabilmente l’idea che abbiamo del porno è davvero limitata e ottusa, così ho deciso di proporvi alcuni film della rassegna che mi sono piaciuti particolarmente o che mi hanno colpito per qualche ragione. Ecco la mia selezione.
Progressive Touch: Series 1 (Michael Portnoy, Paesi Bassi, 2019) e Coming Clean (Ila Afterglow, Italia, 2019) sono quelli che mi sono piaciuti di più in assoluto perché in essi la sperimentazione tra suoni, colori, luci, corpi e oggetti è capace di incantare ed eccitare allo stesso tempo, inoltre vi è sottesa una certa autoironia. Nel primo la ricerca del suono e la scomposizione del movimento nella seduzione e nell’atto sessuale, nel secondo un erotismo evocato da palloncini riempiti di acqua, toccati e talvolta torturati fino all’esplosione.
Intoxicate Yourself (Theo Meow, Germania, 2018) un gioco di chiaroscuri, fumo, corpi che si muovono e toccano sui versi della poesia “Enivrez-vous” di Charles Baudelaire, tradotta in inglese, per un effetto glamour in cui ci si perde lentamente ma con intensità.
The MultiVerse in a MouthFuck (Jorge The Obscene, Germania 2019) è un film psichedelico in cui, durante un deepthroat in una dark room gay, il protagonista fa un viaggio metafisico di autoconsapevolezza.
Lamento della ninfa (Matock, Francia, 2018) mette in scena la relazione tra una dominatrice e il suo sottomesso in modo poetico e ironico: lui canta per tutto il tempo l’aria che dà origine al titolo mentre lei lo tormenta. Si guardano complici, si baciano, sorridono: il BDSM come non non me lo sarei aspettata (sono un’inguaribile vanilla!).
Warm (Matock, Francia, 2019) girato con una camera termica, che – rilevando la temperatura corporea dei performer – restituisce immagini dove i corpi e i fluidi talvolta sono indistinguibili.
Robert+Dylan (Dylan Meade, Regno Unito, 2017) mette in scena un incontro fortuito tra due uomini, di cui uno disabile, presso un orinatoio pubblico. Un prodotto apparentemente artigianale da sembrare amatoriale, volutamente scomposto dal punto di vista stilistico ma carico di desiderio famelico e curioso.
Cheap Hookers (Rosario Gallardo, Italia, 2019). Girato a Berlino con Diego Tigrotto (anche lui in programma col mockumentary che consiglio: Sexplorer, Italia, 2020), durante i giorni del Berlin Porn Film Festival dello scorso anno, si ritrovano nella loro camera d’albergo per uno show in cam. Il pubblico non lascia mance ma vuole vedere e godere a ogni costo. Un cortocircuito: se non arrivano le tip, i performer non fanno nulla, ma allo stesso tempo non possono saziare il proprio desiderio. Finisce che si performa per due spicci, come zoccole economiche.
Per chi ha particolare senso dell’umorismo suggerisco i corti di Ethan Folk e Ty Wardwell, che suppongo abbiano il kink del cibo (e del culo), altrimenti non si spiegano tutte queste rappresentazioni, che riescono a giocare indirettamente col tema dello scat senza mai usare la merda: Breakfast in Bed (2016), Dear babe (2018), Brunch on Bikes (2019), The pizza topping (2019).
Anche l’Italia non scherza col senso dello humour: i corti di Werther Germondari Be Brief (2019), Happy Hour (2019), Scrotalus (2019), Il trasloco XXX (2019), Roby Nude (2020) sono tutti estremamente autoironici ma non per questo riescono a essere meno provocatori e provocanti, oppure Bonds di MariLeo Horse (2019) che si domanda quanto il là ci si possa spingere per soddisfare la propria mistress.
Lasciatevi tentare da qualcosa di diverso, sperimentate un erotismo che non siete soliti considerare: resterete sorpresi – o scioccati, mi è successo guardando (W/HOLE), dove vengono usati aghi e lame – da ciò che può eccitarvi.