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Se volete sovvertire, prendete esempio dal porno

Il designer Enzo Mari una volta disse che "un progetto è tale solo se scontenta qualcuno, altrimenti è pornografia". Ma perché abbiamo questo pregiudizio nei confronti del porno che ce lo fa considerare come qualcosa senza valore?

Foto via Unsplash

In occasione della morte di Enzo Mari, designer scomparso lo scorso 19 ottobre a 88 anni per le complicanze da coronavirus, Il Sole 24 Ore ripropone un’intervista che gli fece 12 anni fa e leggendola mi saltano all’occhio queste affermazioni: “Il lavoro di progettazione non può accontentare tutti. Anzi, un progetto è tale solo se scontenta qualcuno. Altrimenti è pornografia. Oggi il designer lavora prevalentemente per il mercato del lusso. La crisi in atto non sembra intaccare il lusso nei suoi aspetti deteriori. Nell’ostentazione del costo, nell’assenza di intelligenza della storia rimarrà sempre la stessa pornografia.”

Parole che mi fanno riflettere sul pregiudizio che abbiamo nei confronti del porno e di come usiamo la parola “pornografia” per definire qualcosa di abietto, privo di valore, deprecabile. Ma questa gente l’ha mai guardato o lo guarda, il porno? Ha idea della sua complessità formale e contenutistica? Mi sembra la solita retorica che prende a esempio qualcosa comunemente considerato infimo per valorizzare altro, contrapponendoli.

Mari non è più fra noi, ma mi rivolgo a chi la pensa come lui: la pornografia scontenta sempre, si può dire che sia la sua funzione principale. Offende, ridicolizza, mette a disagio, disarma le persone benpensanti, sovverte la morale. La pornografia mette in crisi per natura: ci sentiremmo a nostro agio nel vedere genitori e figli, sorelle e/o fratelli fare sesso? Vederlo fra adulti e minori? Tra persone anziane e molto giovani? Per non parlare del sesso fra esseri umani e animali!

Probabilmente quelle immagini ci turbano perché vanno a toccare il piano etico, ma nel nostro profondo potrebbe anche trattarsi di un turbamento eccitante, senza che possiamo farci nulla. Non dobbiamo giudicare i nostri desideri, anche quelli più reconditi. Il problema sussisterebbe se – eventualmente – provassimo a realizzare quelle fantasie letteralmente anziché facendo dei giochi di ruolo con nostri pari, o vedessimo contenuti documentaristici, anziché rappresentazioni.

La pornografia permette che certe immagini prendano corpo, vederle messe in scena ci aiuta a trasformarle e talvolta a sublimarle nell’accezione freudiana del termine, ossia trasformarle in altro di non sessuale. Farò un esempio super pericoloso, ma mi piace giocare col fuoco: se è vero che il sesso fra adulti e bambini sia una delle cose più controverse, perverse e conturbanti non solo da vedere, ma persino da immaginare, non possiamo negare che ad alcune persone la dinamica sessuale tra persona adulta e persona piccola piaccia ed ecciti. Riconoscere questa perversione è già un primo passo per provare a relazionarsi a questa fantasia senza mortificarsi, magari provando a metterla in atto con altre persone adulte consenzienti con le quali inscenare situazioni che abbiano un effetto catartico.

La pornografia fa quello che nessun’altra arte fa: non censura, anzi mette mostra tutto. Per questo è considerata volgare – perché ostenta, non usa perifrasi, fa vedere tutto quello che siamo soliti nascondere e mettere a tacere: genitali, penetrazioni, fluidi, dirty talking, gemiti, espressioni di godimento che spesso sembrano smorfie di dolore. Mi spiace che il design non abbia lo stesso coraggio della pornografia: forse proprio a essa dovrebbe ispirarsi, che del resto è diventata così penetrante da generare dalla sua radice il neologismo “pornification”, ossia quel fenomeno che il Collins English Dictionary definisce come “la pervasività nella società, in generale o in un suo aspetto, da parte dell’immaginario, del linguaggio e degli atteggiamenti associati alla pornografia”.

Come scrive Barbara Costa nel saggio Pornage. Viaggio nei segreti e nelle ossessioni del sesso contemporaneo (Il Saggiatore, 2018), “il porno vero non fa sconti a nessuno, fa tabula rasa di ogni maschera, protezione e barriera: solo in questo modo garantisce progresso e modernità. Il porno è felice e spudorata erotomania, è sentimento laico estraneo a ogni conformismo, non ha remore né paura di nulla, e non si ferma davanti a niente: trova sempre nuovi tabù da spazzare, nuove battaglie da vincere. Le combatte per noi pure se non vogliamo, le affronta anche a nostra insaputa”.

Speriamo che il mondo del design e in generale della creatività non segua il consiglio di Mari e imiti l’approccio politicamente ed eticamente scorretto della pornografia, non per provocazioni fini a sé stesse e quindi autoreferenziali, ma per sovvertire gli sguardi e gli approcci alla vita. In ogni caso la pornografia non ha bisogno del consenso dell’élite culturale, né di nessun altro ceto, essa ha già vinto per il solo fatto di esistere e di essere sempre, intrinsecamente, ante-litteram.

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