La stagione 2020 di MotoGP sta procedendo verso la sua naturale conclusione con dei protagonisti imprevisti ai nastri di partenza. Se Fabio Quartararo e Maverick Vinales potevano essere dei credibili competitors di Marc Marquez, poi diventato il grande assente, i due piloti Suzuki Joan Mir e Alex Rins, ai primi due posti della classifica mondiale, non erano minimamente presi in considerazione per la vittoria finale ma la costanza, i podi e le vittorie hanno costretto tutti a ricredersi e a definire, dopo la vittoria a Valencia, ormai definitiva la vittoria di Mir, anche se non è ancora matematicamente campione.
Il vero deluso e deludente, però, di questa stagione è uno solo: Andrea Dovizioso. Sebbene Marc Marquez sia dovuto uscire di scena prematuramente per via di un brutto infortunio che lo ha di fatto escluso dalle possibilità di vincere il suo nono campionato del mondo, non può essere lui il peggiore di questa stagione, ma lo è, per forza di cose, il pilota della Ducati. È evidente che la storia recente di Dovizioso, che dal 2017 al 2019 è arrivato secondo in classifica sempre alle spalle dello spagnolo, non poteva che portarci a pensare che questo 2020 sarebbe stato un campionato alla sua portata.
Anche per logica: se per tre stagioni consecutive arrivi dietro al campione, quando questo manca sei tu che prendi le veci, le redini, le responsabilità del Motomondiale. E invece no, anche perché le moto non sono scienza e non è possibile prevedere un risultato al 100%. Andrea Dovizioso si è ritrovato con una grande pressione mediatica addosso, ma senza nelle mani una soluzione per puntare al titolo mondiale.
Ma quali sono stati i problemi per Dovi? Sicuramente almeno tre. Il primo è il cambio degli pneumatici che hanno costretto Ducati ha cambiare qualche setting sulla Desmosedici per provare a far funzionare bene la moto italiana, ma con risultati altalenanti e spesso deludenti soprattutto nella seconda parte della stagione. Oltre al podio a Jerez de la Frontera e alla vittoria nel GP d’Austria Dovizioso non è mai riuscito a essere se stesso, ad andare forte, ad avere feeling con la sua moto e con il suo team.
E qui arriva il secondo motivo. Dovizioso e Ducati hanno rotto il rapporto prima del termine della stagione. Da una parte il team non voleva rinnovare il contratto alle condizioni del pilota, dall’altra Dovizioso si è sentito continuamente tradito dalla sua squadra, e due soggetti che non vanno d’accordo non possono funzionare e vincere. Già dopo l’uscita di Undaunted, il documentario di Red Bull sulla stagione 2019 di Dovizioso, si era visto che c’era una crepa nel rapporto tra i dirigenti Ducati e il pilota, qualcosa di difficilmente risolvibile e che probabilmente nemmeno la vittoria iridata avrebbe potuto ricucire.
Il terzo e ultimo motivo è forse il più banale e anche il più straziante: abbiamo sopravvalutato Dovizioso. Forse abbiamo pensato che arrivare secondo, per tre stagioni consecutive, fosse qualcosa di positivo, di bello, di incredibile. Forse ci siamo sbagliati.
Forse in questo folle 2020 è venuta fuori tutta la normalità di Andrea Dovizioso, che ha vinto poco più di una decina di gare nella massima serie delle due ruote. Marquez, per intenderci, nei tre anni in cui Dovizioso è arrivato secondo ha vinto quasi il triplo del pilota Ducati. E Maverick Vinales, mai un vero e proprio avversario per il titolo, di gare ne ha vinte sette, appena sotto l’eterno secondo Dovizioso.
Dovizioso quest’anno si è rivelato un non-vincente – proprio nell’unico anno in cui poteva davvero vincere il tanto agognato mondiale di MotoGP. E la conferma arriva anche dal mercato: per il 2021 nessuna sella si è liberata per fargli spazio, e Dovizioso ha quindi deciso di prendersi un anno sabbatico e allontanarsi un po’ da quel mondo stressante e duro fatto di asfalto, cordoli e bandiere a scacchi. Questo è un chiaro segnale: forse Andrea Dovizioso non è il grande pilota che pensavamo fosse, oppure forse questa è semplicemente stata la stagione più sfigata della sua carriera.