Forse non si sentiva abbastanza telecamere addosso Lonzo Ball, la creatura più mediatica che si sia abbattuta sugli sport professionistici americani negli ultimi anni.
E così, come ha rivelato negli scorsi giorni Deadline, il nuovo giocatore dei Los Angeles Lakers ha accettato di diventare il protagonista di una nuova serie prodotta da Facebook. Assieme all’acquisizione dei diritti per la trasmissione di gare di Champions League e altri eventi sportivi, un altro passo spedito verso la transizione della società di Mark Zuckerberg a media company. Il titolo è ancora ignoto, così come il numero di puntate che comporranno il reality sulla rising star della Nba. Con lui in video finiranno i suoi due fratelli, LiAngelo e LaMelo.
Negli ultimi tempi i Ball sono diventati uno dei principali argomenti di discussione lungo i sei fusi orari americani. Non succedeva una cosa simile dai tempi dei Jackson Five oppure, in epoche ben più recenti e social, delle Kardashian. Era esattamente ciò che il patriarca del clan sperava di ottenere. Perché il vero protagonista di questa vicenda, e con ogni probabilità anche della serie, è il padre dei tre atleti: LaVar Ball. Californiano, 49 anni, è un ex giocatore di football americano, seppur non vanti nemmeno una presenza in Nfl.
Archiviata la parentesi sportiva, decise di affidare agli eredi i suoi sogni di gloria. In testa aveva un piano ben preciso, come ha spiegato a Mercury News la moglie Tina. Lei, ex giocatrice di basket, è la grande complice di LaVar, in un ruolo defilato, ma assolutamente consapevole. Grazie alla sua altezza, l’ex atleta aveva ragionevolmente più possibilità di avere dei figli atletici, che lui avrebbe plasmato in dei numeri uno sotto canestro. «Circa il fatto che sarebbero stati dei maschi, semplicemente, non ha mai avuto dubbi», ha raccontato la donna.
La sua fede fu premiata e LaVar poté sbizzarrirsi con l’onomastica. Se i nomi dei pargoli vi paiono strani, è perché non conoscete gli zii LaValle, LaFrance, LaRenzo e LaShon. Lonzo è il più grande dei tre, destinato a inaugurare la strategia del padre. LaVar trasformò la villa a est di Los Angeles in una grande palestra e, uno dopo l’altro, i suoi ragazzi furono sottoposti a allenamenti estenuanti. Tutti assieme, da quando il più piccolo aveva 4 anni.
«Mio padre fece dei figli molto forti e veloci, ma non ci avviò allo sport fino al liceo. Quindi mi sono detto: quando avrò dei figli, gli farò fare attività da molto giovani. E oggi siamo qui», ha detto qualche tempo fa a Rolling Stone America.
Lo sforzo ha pagato. Sin dalla high school a Chino Hills, a due passi da casa, i tre misero in mostra cose mai viste. Spinsero il liceo, fino a quel momento marginale nella geografia a stelle e strisce, ai suoi massimi livelli, grazie a prestazioni individuali assurde. Lonzo, classe 1997, non ha smesso di fare il fenomeno nemmeno lo scorso anno a Ucla, sempre in California. Sul parquet della stessa università nei prossimi mesi si cimenterà LiAngelo (1998) e fra qualche anno toccherà a LaMelo (2001): come è avvenuto per il fratello, anche il loro percorso di avvicinamento al professionismo è accompagnato da un hype spropositato.
La pressione esercitata sui figli da LaVar Ball ha suscitato non poche critiche. Sui giornali e nei bar la sua figura ha incendiato il dibattito sulle degenerazioni dello sport giovanile e su quelle nefaste figure per cui da queste parti è stata addirittura coniata una definizione: “helicopter dad”. Lebron James in persona ha criticato aspramente l’ingresso a gamba tesa dell’ex quarterback nel mondo della Nba. «Chi se ne frega di lui», la garbata risposta di LaVar. Che, d’altra parte, su questo tipo di atteggiamenti ha costruito il suo personaggio e le sue fortune.
«Jordan? In uno contro uno lo avrei distrutto», ha dichiarato a Usa Today l’uomo che vanta una media di due punti a partita durante la breve carriera nel basket universitario con Washington State. Le sue sbruffonate hanno coinvolto anche i figli, come quella volta in cui disse che il maggiore era già più forte di Steph Curry, vincitore di due degli ultimi tre anelli Nba.
Una strategia comunicativa precisa e efficace, quella del “purché se ne parli”. Secondo i media americani è stata creata da un’agenzia a tavolino. Non è chiaro quale sia esattamente il ruolo dei ragazzi nei “deliri” genitoriali. I tre sono tutt’altro che eccentrici o aggressivi, ed è quasi impossibile non pensarli a disagio di fronte a simili atteggiamenti. A smentire la retorica dell’orco e delle sue vittime, ha pensato Lonzo con una lettera a The Players’ Tribune intitolata Al ragazzo più rumoroso della palestra: “Grazie per avermi insegnato a giocare a questo gioco. Grazie per avermi insegnato a essere un uomo. E grazie per non esserti mai scusato per essere te stesso” ha scritto.
LaVar Ball può risultare insopportabile, come lo sono alcuni dei personaggi più riusciti del mondo dei reality show, ma fino ad ora non ha sbagliato un colpo. Quando accadrà, potete giurarci, ogni dito sarà puntato contro di lui. Al Draft, la lotteria con cui le squadre Nba pescano i migliori giocatori dei college, Lonzo è stato scelto dai Los Angeles Lakers, l’unica franchigia in cui LaVar aveva detto che avrebbe mandato il figlio. Il suo rampollo dunque rimane in California, nella società più cool della Lega. Che per di più è rimasta senza star dopo l’abbandono di Kobe Bryant, ed è pronta a gettarsi tra le braccia di un nuovo catalizzatore di gioco e di un nuovo uomo-immagine.
Lonzo non è (solo) un prodotto da vendere alle tv, se va bene a Hollywood. Alla recente Summer League è stato il migliore di tutti e potrebbe non avere bisogno di un lungo ambientamento per essere già decisivo tra i grandi. Come LaVar ha sempre sostenuto. Il torneo che anticipa il via della stagione Nba, previsto per ottobre, è stato anche l’occasione per alzare ancora di più l’asticella della campagna di marketing di Ball. Come racconta The Ringer, nelle quattro partite in cui è sceso in campo, Lonzo ha indossato sempre scarpe diverse. Nike, Adidas e Under Armour nelle tre ultime tre esibizioni, Big Baller Brand all’esordio.
Già, perché i Ball, senza nemmeno una partita Nba all’attivo, possiedono un brand di sneakers. Un paio di BBB costa 495 dollari, non esattamente un regalo. In attesa del momento in cui vestire le babbucce di Lonzo diventi un must have, tocca bussare alle porte dei colossi per farsi produrre. Oppure, se Lonzo inizierà a infilare canestri a ripetizione in maglia gialloviola e il suo primo piano in camera risulterà particolarmente ammaliante, potrebbe accadere il contrario: potrebbero essere le major a citofonare con ossequio alla casa di Chino Hills. E LaVar potrà così spuntare un’altra voce nel suo diabolico piano.