La risposta di Dominik Paris alle prime domande non va oltre le tre parole. Non è come in pista, dove bastano pochi decimi prima che “molli” tutto per mangiarsi la discesa. Un minuto dopo circa, di solito, ha il pugno stretto e il sorriso aperto per festeggiare la vittoria. Quest’anno è andata così molto spesso, come testimoniano la vittoria nella Coppa del Mondo di SuperG arrivata quattro giorni fa in Andorra e il secondo posto nella classifica di Discesa. E poi il Mondiale vinto sempre in Supergigante in Svezia un mese fa. Insomma, il trionfo di un atleta che da anni prosegue il suo percorso di crescita fino all’olimpo dello sci alpino internazionale. E fino a non potersi più nascondere per la vittoria della Coppa del Mondo.
Come hai festeggiato la vittoria della Coppa?
Nulla di che, in realtà. Ho fatto un brindisi con gli amici, lo staff e gli sponsor in Andorra e poi sono tornato a casa. Anche perché settimana prossima ci sono i campionati italiani assoluti a Cortina, quindi non è ancora tempo per godermi il successo.
Che posto è Val d’Ultimo, dove vivi?
Una valletta piccola e molto tranquilla (Dominik sarà presente il 23 marzo all’edizione che qui si terrà della Red Bull Discesa libera 2019, ndr) . Saremo 3mila persone in tutto, con ben pochi turisti. Io qua sono cresciuto e ho tutti i miei amici, la mia vita. Questa è casa per me, non vivrei in nessun altro posto al mondo.
Come si costruisce un anno perfetto come quello che hai vissuto tu?
Non lo so bene neanch’io, vincere così tante gare durante una stagione è qualcosa di speciale. Di certo ha pagato il lavoro fatto negli anni e soprattutto lo sviluppo che nell’ultimo periodo abbiamo fatto sui materiali. Alla fine è stato tutto perfetto.
Sembravi sempre avere una fiducia assoluta nei tuoi mezzi.
Proprio per questo motivo, perché eravamo certi di aver fatto tutto per bene e quindi di essere pronti per affrontare ogni sfida. Quando sei sicuro di te ne guadagna soprattutto la testa, hai più convinzione nei tuoi mezzi. Parti diverso, e vai di più.
Che effetto ti fa stare sulle prime pagine dei giornali, o al tg della sera?
Mi riempie di orgoglio, perché lo sci è la mia vita e la montagna è una parte importante del nostro Paese, che merita attenzione: rappresentare questi mondi agli occhi degli italiani e aiutare a farli conoscere, anche dai più piccoli, è davvero speciale.
Qual è stato il momento più emozionante e quello più duro della stagione?
Rivincere a Bormio è stato fantastico, perché non mi aspettavo di farcela, ma anche a Kitzbühel è stata una grande giornata. La gara più complicata è stata in Val Gardena, dove proprio non andavo. Non sono riuscito a capire bene cosa sia andato storto, ma ho sciato davvero male. Però non ho mai avuto la sensazione che la stagione potesse andare male, anche se per vincere la Coppa devi sempre stare in cima e non puoi permetterti di sbagliare praticamente nulla.
Primo in SuperG, secondo in Discesa. Ma in quale specialità ti diverti di più?
Non faccio preferenze di specialità, ma di piste: ci sono quelle che amo e altre dove mi trovo meno bene. Il SuperG è la disciplina più difficile, perché vai oltre i 100 all’ora e affronti difficoltà elevate e condizioni che cambiano di continuo. In discesa, invece, provi tutto prima: le linee, la neve, le traiettorie, i salti. Quindi è un filo più facile.
L’oro vinto al Mondiale in Svezia è già dimenticato?
No. Rimangono bellissimi ricordi, anche se dopo ho dovuto affrontare tante altre sfide impegnative. Quel SuperG è stato molto complicato, ho ancora addosso la bellissima sensazione di quella vittoria.
Cos’è la montagna per te, uno stile di vita?
Per me è tutto, rappresenta quella libertà senza cui non saprei stare. Io sono cresciuto in montagna, è l’unico posto dove posso stare tranquillo e in pace con me stesso. Lo sci è la perfetta metafora di questo perché sei da solo ad affrontare la sfida e devi decidere metro dopo metro come affrontare la discesa. E assumerti tutte le responsabilità di eventuali errori.
Soffri quando devi andare in città per lavoro?
Sì, più di due giorni non riesco a starci. C’è troppo casino: non ce la faccio, è più forte di me.
Ti è sempre piaciuto andare veloce?
Da quando sono piccolo non riesco a fare a meno di cercare di andare al massimo con ogni mezzo a mia disposizione. Gli sci, la bici o le auto, che mi diverto a tirare al massimo quando mi invitano a fare i giri di prova in pista a Imola. Per questo, anche se mi piace da morire, devo evitare la moto, perché non riuscirei a pormi dei limiti e diventerebbe pericoloso. Sono fatto così.
Hai mai avuto paura in pista?
Paura? Non so cos’è (ride). Ho rispetto per quello che faccio, e questo è fondamentale per non andare oltre il limite. Ma paura no, non credo di averla mai provata.
So che tieni il Milan. Hai visto il derby ieri sera?
No, perché qua in valle Sky non prende (ride).
Parliamo un po’ di musica. Messi via gli sci, riprenderai in mano il microfono con i tuoi Rise of Voltage (qua sopra un videoclip del singolo della sua band, ndr)?
Eh, sì. Anche perché in tutto l’inverno siamo riusciti a fare appena un paio di prove con la band, e ora dobbiamo rifarci. Anche perché quest’estate abbiamo già tre date nei festival della zona, due in Alto Adige e uno vicino a Udine. Quindi dobbiamo darci dentro e trovarci almeno una volta a settimana a suonare.
Chi sono gli altri membri della band?
Sono amici di una vita e vivono tutti qua in valle. Fare un disco (in autunno è arrivato Time, il primo album della band, ndr) è stata una grande avventura, perché voleva dire fare pezzi nostri e non più solo cover. Anche se non penso che ne faremo altri (ride).
Come ti sei avvicinato alla musica?
Ne ascolto tantissima sin da quando sono ragazzo. E ho sempre avuto l’idea fissa di imparare uno strumento, così a 18 anni mi sono comprato una chitarra. Poi ho iniziato a cantare e mi sono messo d’impegno pera mettere a punto il growling , il cantato urlato tipico del metal. Provavo a casa appena avevo un po’ di tempo libero, ho imparato tutto da solo. Quando abbiamo visto che funzionava abbastanza, i miei amici mi hanno detto “allora devi cantare tu”.
A chi ti ispiri?
Phil Anselmo dei Pantera, sicuramente. Ma mi piacciono anche Motörhead e Machine Head, tutti i grandi gruppi heavy metal. Il mio genere è quello, al massimo mi spingo fino ai Metallica (ride). O, se proprio voglio stare tranquillo, metto su gli Shine Down. La musica mi aiuta anche nello sci: la uso prima delle gare per caricarmi e non fissarmi troppo sul tracciato. Vado di random su Spotify, comunque sempre roba parecchio dura.
Obiettivo per l’anno prossimo, vincere la Coppa del mondo?
Voglio provarci. Non sarà facile, perché si parte sempre di nuovo da zero. Ma ci proverò, su questo non c’è alcun dubbio.