Il surf non è uno sport come tutti gli altri, è una via. Come quella dei samurai. Il bushidō dei surfisti è l’ossessione per il mare, gli scogli, le maree, il vento, e le onde. Ci vogliono centinaia di ore per studiare la giusta combinazione tra tutti questi elementi, l’equazione perfetta per rendere possibile il break che ti perseguita in testa per mesi, a volte anni. William Finnegan, autore del libro premio Pulitzer Giorni Selvaggi – una sorta di biografia intellettuale del surf che è arrivata anche sul comodino di Barack Obama – l’ha definito come un «amore non corrisposto, a senso unico».
Kelly Slater, leggenda vivente del surf, lo sa benissimo. È stato il più giovane campione del mondo della disciplina, poi il più vecchio. 11 titoli mondiali, 56 vittorie in carriera e uno status da mito assoluto per tutti gli appassionati, certificato dall’esplosione virale del video della sua rotazione a 720°, un’acrobazia disumana che ha lasciato di sasso mezzo mondo. Così come il suo doppio dieci – alla Nadia Comaneci – da Guinness dei primati registrato il 17 maggio 2005 alle finali dell’ASP World Tour nella Polinesia Francese.
Il Tony Hawk del surf – anche lui ha un videogame personale dal titolo identico a quello del collega dello skate, Kelly Slater’s Pro Surfer -, poi, ha una biografia extra-sportiva praticamente perfetta per chi è affascinato dall’estetica del surfista: ha conquistato donne bellissime (Cameron Diaz e Bar Rafaeli, per dirne due) e, tra un record e l’altro, si diverte a organizzare jam session con gente come Ben Harper e Eddie Vedder.
Oggi, a quasi 46 anni, dice di non gareggiare più solo per vincere, ma per «ispirare le persone, cambiare la loro vita. Non guardo la classifica ma l’immaginazione della gente». Ed è per questo, oltre che per perfezionare gli aspetti più spettacolari della sua tecnica, che ha messo in piedi il Surf Ranch, una Neverland delle onde a Leemore, in California, a 280km dalla costa: la struttura ospita una wave pool capace di generare “l’onda artificiale perfetta”, e dopo un test-event con alcuni colleghi celebri, potrebbe presto aprire al pubblico.
«Avere la capacità di replicare, anche parzialmente, la potenza e la forma delle onde oceaniche per chiunque nel mondo, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, è una cosa veramente magica», ha detto Sophie Goldschmidt – CEO della World Surf League, che porterà una tappa del tour direttamente nel Ranch (di cui ha acquistato una quota).
L’onda perfetta, studiata nei minimi dettagli dallo scienziato pazzo Slater, è un potenziale game changer per tutta la disciplina, un’invenzione che insieme al debutto Olimpico a Tokyo aprirà l’era del surf 2.0. Tutto funziona grazia a un motore fissato sui binari di un pontile – alimentato al 100% con energia solare -, che ogni 180 secondi può generare un’onda totalmente personalizzabile. La novità ha convinto tutti, anche i campioni. «Qui si sta facendo la storia del surf e sono elettrizzato all’idea di farne parte», ha dichiarato il campione brasiliano Gabriel Medina. «Questa è l’onda che abbiamo sognato per una vita intera». L’invenzione permette, come ha spiegato la Goldschmidt, di «avere uno strumento imparziale per valutare la surfata e le prestazioni atletiche», ma è anche la fantasia che diventa realtà, l’ossessione improvvisamente a portata di mano.
«Le onde sono il campo da gioco. Il fine ultimo. Sono l’oggetto del desiderio e della tua ammirazione più profonda», scriveva Finnegan nel suo libro. «Allo stesso tempo, sono anche il tuo avversario, la tua nemesi, il tuo nemico mortale». Adesso, però, si possono controllare con un telecomando.