Danilo Gallinari è stato il capocannoniere dei Denver Nuggets la scorsa stagione. L’italiano (unico rimasto in NBA con Marco Belinelli), attualmente è free agent, ma le voci lo danno con la maglia dei Denver anche per il prossimo campionato. Di recente ha pubblicato NBA Non Basta l’Altezza, un libro “social”, con le domande, a volte anche scomode, poste direttamente dai fan. L’abbiamo incontrato a Barcellona in occasione del lancio delle nuove scarpe adidas pensate per il basket, le Crazy Explosive.
Com’è nato il tuo libro intanto?
La novità è che è un libro social, non c’è un giornalista che racconta la storia ma sono i tifosi a fare domande e io rispondo direttamente. È un libro fatto da loro: si affrontano argomenti che non avevo affrontato prima, dalla cultura alla politica, al di là della pallacanestro.
Non proprio argomenti che si toccano spesso…
Meglio così! (Ride)
E come mai hai scelto di farlo?
Mi sembrava giusto spaziare, sono argomenti delicati, un po’ pericolosi, soprattutto quando ne parlano gli atleti.
Hai già ripreso ad allenarti?
Purtroppo sì. Il 10 aprile avevo già finito la stagione, sono andato subito in vacanza in giro per il mondo. Poi sono tornato in Italia e ho iniziato con gli allenamenti.
Ma hai guardato le Finals all’alba?
Non ho visto niente, non mi alzavo di notte neanche quando ero giovane: mia madre mi metteva a letto prima.
Ma che ne pensi?
Penso che ci sia uno strapotere di Golden State e che la loro vittoria fosse abbastanza prevedibile. Cleveland poteva fare ben poco, hanno preso Kevin Durant, che per me è il secondo giocatore più forte al mondo: se lo aggiungi a una squadra da titolo, probabilmente lo porti a casa.
So che hai un altro progetto in ballo che punta a migliorare i playground milanesi…
Beh per me e per tanti sono stati il luogo in cui è iniziato tutto. Sarebbe bello poter fare qualcosa per migliorarli, cercare di rivitalizzare la situazione dei campetti di Milano. Se posso fare qualcosa, ci sono sempre.
Tu sei anche uno che li frequenta spesso. Ne hai uno del cuore?
Non proprio, ci spostiamo spesso per giocare, dipende chi è più vicino a un canestro e si va da lui. Gioco con gente che sta in A o in B, il livello è molto alto. Alla fine i miei amici sono loro, riesco sempre a tenere contatti con tutti.
Ma negli Stati Uniti sono più fighi…
Sì, ma riesco ad andarci molto meno! È pieno di tifosi, sono dei punti di aggregazione… Ecco, vorrei che ci avvicinassimo a quello.