«Non ho rispetto per chi tifa Juve ed è mio legittimo diritto. Credo che chi tifa Juve sia una brutta persona. Perché chi tifa Juve odia lo sport e chi odia lo sport è come chi odia gli animali. Non ha diritto di campare», queste le parole che il giornalista del Mattino Valentino Di Giacomo ha pubblicato sul suo profilo Facebook e che sono state riprese da testate web, forum di tifosi, profili twitter e quotidiani nazionali. «(i tifosi juventini) Campano studiando codici, codicilli, arrampicandosi sullo specchio che gli ritorna la loro immagine di pezzi di merda. Io non sono un moralista. Ma ora mi avete veramente rotto le palle. Soprattutto perché venite a commentare sulla mia bacheca impunemente. Mi fate schifo. Siete la peggiore specie della razza umana», continua Di Giacomo, scatenando un prevedibile caos di insulti, smentite e condivisioni.
Anche di un docente dell’università di Salerno, Enrico Ariemma, che prima ha pubblicato integralmente il commento del giornalista, poi ha ritrattato: «Quella frase dice “non merita di campare”. So che è incredibile, ma o non l’avevo letta o mi era passata totalmente inosservata, come le pletore di “napoletani crepate” a cui non faccio caso». Ariemma, almeno, è più consapevole di cosa ci sia dietro a una banale condivisione: «Non avrei dovuto, dichiarando la mia adesione ai contenuti del post, rendermi di fatto solidale con quell’affermazione, che non è polemica ma investe vita e morte».
E questo è solo l’ennesimo di una serie di episodi che hanno caratterizzato l’ultimo mese del campionato più bello del mondo. Prima un deputato razzista – «Mihajlovic è uno zingaro che guida una banda di frustrati perdenti» -, Massimo Corsaro, eletto con Fratelli d’Italia, che su Twitter si descrive come “Sempre a Destra. Juventino sfegatato, amante del buon vino, nemico del politicamente corretto e del socialismo (in ogni forma)” e che è riuscito in un colpo solo a mettere d’accordo tifosi granata, bianconeri e persino i giornalisti Rai. Poi Sandro Pellò, responsabile di “Comunicazione bianconera” , che dalle frequenze di Jtv ha detto dei tifosi interisti: «Io sogno di asfaltarli, cancellarli dal pianeta, togliere loro ogni piccolo barlume, desiderio, speranza di essere una squadra normale. Devono stare nelle fogne dove sono stati negli ultimi anni, nei tombini nascosti al buio». E infine Di Giacomo, che considera gli juventini al pari di chi odia gli animali.
Sì, scandalizzarsi di fronte ai toni della discussione è quantomeno naïf, ma leggendo i puntuali post di scuse è facile trovare un punto in comune, un’auto-assoluzione che si ripete caso dopo caso: «Mi scuso con il signor Mihajlovic, offeso dal mio tweet tifoso. Credo sia il primo a sapere che la passione per certi eventi sportivi induce ad eccessi irrazionali», ha scritto Corsaro, e lo stesso ha fatto Pellò – «Stavo cazzeggiando, è goliardia».
Come se fossero convinti che i social media appiattiscano tutto e tutti, come se non ci fosse nessuna differenza tra il post di un politico – o di un giornalista, o di un calciatore o presidente di società sportiva – e quello di un tifoso. Ma non è così, perché chi ricopre cariche pubbliche o fa parte di una certa categoria professionale ha dalla sua “poteri” maggiori – un pubblico ampio, la presunta consapevolezza di come funziona il web e piattaforme come Facebook e Twitter – e di conseguenza anche maggiori responsabilità.
Sono tutti dentro allo stesso circolo vizioso, dove a una dichiarazione esagerata e censurabile corrisponde sempre il putiferio sui social, poi il frullatore dei media e ancora il putiferio, poi altri articoli e dichiarazioni e smentite, collezionando nel frattempo vagonate di click, pubblicità e attenzione mediatica. Ed è lo stesso circolo vizioso che rende inoffensive tutte le critiche alle follie delle nostre curve – dalle figurine di Anna Frank fino agli insulti razzisti a Matuidi -, che saranno pure schizofreniche, indifendibili ed esagerate, ma non indossano altre casacche al di fuori di quella della loro squadra.