Toni Nadal è lo zio di Rafael. Ma più che altro è il suo allenatore storico, quello che si è attirato applausi e critiche per la gestione del talento brillante di Rafa. Sicuramente, è stato lui a trasformare il talento di Manacor in uno dei campioni più affermati della storia del tennis. Dopo un paio di stagioni non proprio in forma, Nadal è tornato alla grande arrivando in finale al Roland Garros, in programma oggi.
E proprio lì, nello spazio gestito da Lavazza (official partner di tutti i tornei del Grande Slam), di cui Toni Nadal è brand ambassador, abbiamo incontrato l’allenatore che da pochi mesi ha deciso di non seguire più suo nipote, lasciando il compito a Carlos Moya, ex superstar impegnata oggi nella Rafa Nadal Academy.
Quanto è importante stare qui al Roland Garros per voi?
Ogni torneo ovviamente è importante. Qui, dove Rafael ha avuto dei buoni risultati, ovviamente, è ancora più importante. Sa che se gioca bene può ottenere degli ottimi risultati, per lui è un piacere giocare su questa terra.
Sembra parecchio in forma Rafael…
Rafa si è trovato fisicametne e mentalmente in forma, innanzitutto. Poi l’arrivo di Carlos Moya è stato positivo: la sua pre-season è stata ottima, ha gestito tutto con i suoi tempi, gli è servito molto a livello mentale.
Hai parlato di Moya: quando hai deciso di non essere più l’allenatore di Rafael?
A dicembre ho chiesto a Carlos se fosse disponibile per questa collaborazione. Non conoscevo i suoi tempi, non conoscevo i suoi impegni. Quando ha accettato ho visto subito che aveva un feeling con Rafael. Penso che ora il mio ruolo sia più adeguato all’interno dell’accademia. Non sono più necessario al suo fianco.
Hai parlato di mentalità e di fisico. Qual è la cosa più importante tra le due?
Credo che la cosa più importante sia il fisico: le abilità fisiche, la coordinazione, la potenza… Per essere un grande sportivo devi essere un grande atleta, questa è la cosa principale per un atleta. Solo allora puoi pensare alla mentalità, all’analisi delle partite. Soprattutto quando sei giovane, devi essere portato atleticamente allo sport.
E le nuove generazioni come sono messe?
Beh la società è cambiata, i giovani sono più immaturi, si muovono meno di prima. Non fanno sport, manca parecchia maturità. Quando Rafael ha esordito i primi nell’ATP erano tutti ventenni, ora hanno 30 anni. E ci chiediamo il motivo?
Cosa ti ha dato Rafael in tutto questo tempo?
Mi ha dato molte cose, la possibiità di stare qui al Roland Garros, a Wimbledon, agli Us Open. Mi ha permesso di viaggiare per il mondo, di conoscere gente, mi ha dato la possibilità di stare con lui. E per un appassionato di tennis come me è stato bello avere la possibilità di vedere i migliori giocatori del mondo, da Federer a Djokovic.
Senti di aver commesso degli errori?
Solo un imbecille pensa di non aver commesso errori: so di averne commessi. Ma arrivati a questo punto, posso dire che le cose non sono poi andate così male.