Affacciati sulla prospettiva Nevskij è più facile conoscere in anticipo quello che avverrà questa sera, quando mancano 360 (forse) minuti alla fine del Mondiale di Russia. Soprattutto per chi sa dall’inizio come andrà a finire, come testimoniano fior di link alle precedenti preview, che, per boria e pigrizia, in questa sede vi risparmiamo.
Se, in linea generale, le previsioni di chi redige queste righe sono state smentite dal campo in maniera imbarazzante, su una cosa il pallone sta rotolando per il verso giusto: la vittoria finale della Francia. Lo si sostiene dall’inizio, non ci si fosse fatti impressionare dal Decreto Dignità saremmo corsi alla Snai a metterci su dei soldoni tintinnanti. Con una difesa muscolare, un centrocampo che mixa qualità e alti chilometraggi – Kanté è semplicemente un mostro -, e due giocatori meravigliosi, in modo diverso, come Mbappé e Griezmann, la storia era già pronta per essere scritta prima di partire alla volta dell’oriente.
Ma non è ancora fatta per i Galletti, a due match da spedire soldatino Deschamps nell’olimpo di coloro che hanno conquistato l’alloro sia da giocatore che da tecnico. La sfida più impegnativa, in questo Mondiale sadico con le big, è questa sera, alle 20 presso l’isola Krestovskij di San Pietroburgo. Non per forza di cose una finale anticipata, ma la gara che decide chi arriverà da favorita all’ultimo atto.
A fare pendere ancora di più la bilancia della simpatia a sfavore di Pogba e compagni è la presenza sulla panchina rivale del più bel giocatore della storia in Bleus, monsieur Titi Henry, assistente di coach Martinez – una botta al cuore ogni volta che la panchina belga viene inquadrata, così come per Cambiasso e la Colombia. Chissà se l’ex Arsenal ha fatto filtrare qualche informazione sul modo di giocare dei suoi connazionali ai Diavoli Rossi, che hanno senz’altro faticato più dei rivali a giungere alla semifinale, complice il calendario (i pazzeschi quarti contro il Brasile) e il tentativo di harakiri (poi magistralmente eseguito dai maestri della specialità) contro il Giappone.
Anche il Belgio è un’ottima squadra, e lo ha ampiamente dimostrato. Un gran portiere (in questi Mondiali un requisito necessario per non salutare tutti e tornare a casa), la giusta presenza di centimetri e chili, un paio (o tre, a essere generosi con Lukaku, che continua a non convincere del tutto, ma che in Russia sta facendo grandi cose) di campioni in grado di spostare gli equilibri in ogni momento. Fingiamo di perdonare a Bruxelles il dolore inferto al ninjetto nostro rimasto ad Appiano Gentile con quei 15 chili di troppo e un posacenere pieno di Camel Light.
Insomma, sarà una bella partita, nonostante la Francia e la realpolitik deschampsiana. Trema la Tour Eiffel al 32esimo, quando il più piccolo, Mertens, infila da pochi passi su una spizzata di Fellaini, schifato da tutti eppure capace di tornare sempre utile (tipo Pupo alle feste dignità-free, dopo le due di notte).
Testa bassa, i pinocchietti di oltralpe cominciano a macinare gioco. Ed è il solito Griezmann (ma quanto è incredibilmente forte?!) a pareggiare in avvio di secondo tempo, con un destro da fuori sul secondo palo. Dieci minuti e l’insopportabile Pogba porta avanti i suoi con l’ennesimo calcio d’angolo vincente del torneo. Nel finale è forcing del Belgio: Fellaini, come di consueto, viene usato come bersaglio mobile al centro dell’area, mentre Lukaku si mangia un paio di gol prelibati. Courtois sfiora il palo, ma nulla da fare. Lo storico mondiale del Belgio si ferma qua, la campagna di Russia degli eredi di Asterix prosegue: Mosca ora è in vista.