“Hey Bayley. I wanna know, if you be my girl!”. Quando c’è Bayley sul palco, il pubblico (qualsiasi pubblico, in qualsiasi angolo del mondo), canta questo ritornello lievemente modificato rispetto all’originale, accompagnato da urla scimmiesche – come da copione – e spesso anche da movimenti pelvici. E riescono a farlo perché sono tutti in piedi, nei momenti caldi degli incontri femminili della WWE. A raccontarlo un paio di anni fa nessuno ci avrebbe creduto. Come nessuno avrebbe mai creduto di vedere due-incontri-due per il titolo di campionessa all’interno del cartellone di Wrestlemania a Orlando, ovvero la finale della Champions League, il Super Bowl del wrestling, insomma, l’evento degli eventi dello sport entertainment più importante del mondo. Un cambiamento che nell’ambiente non esitano a definire una vera e propria rivoluzione.
DIVE E NON DIVE
La storia del wrestling femminile corre parallela a quella maschile. Nella WWE (al tempo WWF) la data di inizio è il 1983, ovvero l’anno in cui arriva in federazione Fabulous Moolah, nata Lillian Ellison, campionessa della NWA, cioè la federazione delle federazioni, da cui la lega della famiglia McMahon si stacca proprio quell’anno. E campionessa non è un titolo a caso: la Ellison, scomparsa a 84 anni nel 2007, detiene il record di regno più lungo con la cintura, dal 1956 al 1984, quando verrà poi sconfitta da Wendi Richter, giovane stella accompagnata sul ring da Cindy Lauper. Sì, quella Cindy. Girls just want to have fun, dopotutto. Da Lillian Ellison in poi, la storia delle donne sul ring è popolata di dive più che di wrestler – usando la definizione della WWE, adottata negli anni ’90 e poi andata in disuso in occasione di Wrestlemania 32 – ovvero bellissime ragazze dai fisici mozzafiato, biondine e brunette, in gran parte in abiti succinti, che usano la via della lotta come una scorciatoia per avere successo e soldi assicurati (non c’era ancora Instagram, altrimenti avrebbero potuto intraprendere la carriera delle influencer, e risparmiarsi così un paio di suplex). Con qualche eccezione ovviamente.
A livello di “combattimenti”, sicuramente Chyna, la più possente ragazzona vista su un ring, unica a vincere un titolo destinato agli uomini, persa poi in una vita turbolenta e deceduta a 46 anni. E poi una manciata di nomi noti, da Sensational Sherri, che è tra le preferite di Alexa Bliss, a Miss Elizabeth, moglie anche nella vita reale di “Macho Man” Randy Savage, da Beth Phoenix, ultimo ingresso nella Hall of Fame a Orlando lo scorso aprile, a Trish Stratus o Lita. Ma quelle kicking ass si contavano sulle dita di una mano. E, invece, la nuova generazione mette sul piatto molto di più. La già citata Bayley, tra le più amate, ma anche Eva Marie, Sasha Banks, Natalya o Nia Jax. Che sono tutto, fuorché delle semplici bellocce per allietare il pubblico pagante.
COME “BEAUTIFUL”, ANZI MEGLIO
Ecco, il pubblico del wrestling è un pubblico che da puramente maschile – e maschile non esattamente della miglior specie – si sta trasformando in un ambiente molto più trasversale. Non siamo noi a dirlo, ma analisi e statistiche che stanno fotografando un cambiamento nella composizione degli spettatori. Da un profilo super nerd, di grandissimi appassionati, quelli che si sono appassionati alla WWE in televisione stanno diventando più “aperti”.
I motivi? Due, essenzialmente. Il primo è generico, ipotizziamo: l’esplosione delle serie televisive. L’abitudine alla serialità che il pubblico mondiale sta facendo sua ha avuto effetti positivi anche sul wrestling. Il mondo della WWE è una sorta di Beautiful ante-litteram, con le sue avventure, i suoi amori e i suoi litigi. Solo che qui, al posto di insultarsi e scambiarsi qualche sberlona quando le cose si mettono davvero male, si azzuffano e si prendono a sediate. E quindi che differenza c’è tra questo e una nuova stagione in streaming? Soprattutto adesso che la federazione, che è anche una potenza economica da oltre 700 milioni di dollari di fatturato annuo, quotata in Borsa, ha anche sviluppato proprio un servizio streaming: WWE Network, lanciato nel 2014 ed entrato subito nella top 5 mondiale, serve sostanzialmente a seguire gli eventi topici della stagione, ma anche ad andare a gustarsi i combattimenti del passato, con speciali, approfondimenti e un sacco di altri contenuti. Il secondo motivo è la rivoluzione femminile di cui sopra. Se ci fosse da prendere una data particolarmente rappresentativa, quella data sarebbe il 30 ottobre 2016, ovvero il giorno del primo Hell in a Cell al femminile.
DUE DONNE E UNA GABBIA
L’Hell in a Cell è un tipo di combattimento in cui il ring viene chiuso dentro una gabbia calata dall’alto e dove all’interno (e fuori, e sopra) si può fare più o meno quello che si vuole – anche spingere le persone giù dal tetto, andate a vedere cosa fanno Undertaker e Mankind nel 1998, se ne avete il coraggio. L’anno scorso a menarsi c’erano Charlotte Flair, figlia dell’Hall of Famer Ric Flair, e Sasha Banks. Due donne, accidenti. Che, per svariati minuti, se le sono suonate senza nessuna esclusione di colpi. «Ho visto accadere una rivoluzione vera e propria», commenta Alexa Bliss, lunghissima chioma colorata di rosa e attuale campionessa femminile di Raw, una delle divisioni interne nella federazione, incontrata appena prima di Wrestlemania. «Abbiamo partecipato ad alcuni incontri impensabili fino a pochi anni fa.
L’Hell in a Cell, ma anche i match Steel Cage (molto simili ai primi, solo con una gabbia più piccola, ndr)… Questo momento è bellissimo per noi, per il movimento e per le donne in generale. Non penso che in passato sia mai successo niente del genere». E no, sicuramente no. Quello a cui si sta assistendo è un’impennata di competività. Nikki Bella, che peraltro ha ricevuto una proposta di matrimonio, inscenata ma vera, da John Cena durante l’ultimo Wrestlemania, la definisce una situazione non soltanto legata al wrestling, ma il riconoscimento «da parte della federazione di un empowerment femminile che tocca tutti gli aspetti del mondo dell’entertainment».
Le donne del wrestling, in generale hanno dimostrato di non avere solo urletti, sberlette e tiratine di capelli nel loro repertorio, ma anche una buona dosa di prese, mosse spettacolari e fegato da vendere. E, soprattutto, hanno fatto vedere al mondo che possono competere esattamente sullo stesso piano dei più noti, muscolosi e celebrati campioni maschili. E chissà, forse un giorno, anche puntare al titolo più importante.