Il party infinito di Linklater
Dopo il capolavoro di formazione “Boyhood”, Linklater torna alla commedia con il seguito spirituale di “Dazed and Confused”. Una storia di maschi alfa divertenti e un po’ sbruffoni, con una colonna sonora incredibile.
Nel 1981 Jake Bradford si trasferisce al college e prende possesso di un'abitazione insieme ai suoi compagni della squadra di baseball universitaria. Tra cameratismi e qualche conflitto interno al gruppo, tra notti folli alla perenne ricerca di conquiste femminili, Jake inizia un percorso di crescita che lo porterà anche a trovare l'amore.
Tutti ricordiamo il nostro primo incontro con la libertà, soprattutto il regista texano Richard Linklater (Boyhood, presente?). Lui è convinto che, nel corso della nostra vita, assaggiare l’indipendenza non sarà mai così esaltante come i primi giorni di università. Casa? Genitori? Responsabilità? Addio. D’ora in poi, il nostro curriculum sarà soltanto sballarsi e ubriacarsi fino a fare schifo. Ecco le premesse di Tutti vogliono qualcosa (Everybody Wants Some!!), sequel spirituale di Dazed and Confused del ’93, in cui degli studenti del 1976 celebravano l’ultimo giorno di liceo prima delle vacanze. Adesso siamo nel 1980 e alcuni compagni di una squadra di baseball imparano a conoscersi in una piccola università del Texas.
Il fatto che Linklater abbia giocato a baseball rende il tutto più personale. I suoi film migliori, da Slacker alla trilogia di Before, sono quelli che ci hanno avvicinato al suo mondo. Qui però l’evoluzione è importante: da freak and geek a maschi alfa. Blake Jenner è Jake, il lanciatore, che va a vivere insieme ai compagni di squadra dell’università ed entra in un mondo tutto nuovo. Il suo compagno di stanza Billy (Will Brittain) è uno sfigato noioso, e non può fare a meno di sentire le vibrazioni negative che gli arrivano addosso da McReynolds (Tyler Hoechlin), di qualche anno più vecchio. Per fortuna ci sono Willoughby (un sensazionale Wyatt Russell, figlio di Kurt Russell e Goldie Hawn), più grande e sempre fumato, e Dale (J. Quinton Johnson), unico giocatore di colore della squadra. Ma l’MVP del divertimento è un esplosivo Glen Powell nel ruolo di Finnegan, professionista dell’abbordaggio che fuma la pipa e cita Kerouac in continuazione. Quando Roper (Ryan Guzman) porta la squadra a fare un giro nel campus, un rifiuto da parte delle ragazze viene liquidato con una sola parola pronunciata all’unisono: “Lesbiche”.
Le risate sono fragorose e accompagnate da canzoni, coreografie e tizi che girano in macchina ascoltando Rapper’s Delight. Non c’è quasi niente di baseball. L’unico punteggio che interessa, qui, è chi riesce a portarsi a letto una ragazza. È un film con un titolo preso in prestito dai Van Halen, pieno di battute sulle dimensioni del pene, grandi e piccole, e un atteggiamento da sbruffoni, che invece di essere irritante diventa subito irresistibile.
La colonna sonora passa dalla disco al country al punk, e riflette i cambi di personalità dei personaggi. Linklater ci trasporta delicatamente in un’epoca, facendo in modo che i temi diventino universali. Lasciate a lui il compito di creare un party infinito, e di sfuggita accennare anche a quello che succederà quando la festa sarà finita. È un regista che costruisce commedie umane, di quelle che durano nel tempo.