Usando un termine alla Game of Thrones, Milly Carlucci è la khaleesi di Rai 1, pronta a domare i draghi e le fiamme della concorrenza. Lei, una che di televisione ne macina da anni, conosce il mezzo a menadito. Sembra infaticabile, sempre entusiasta, tira avanti (con tutte le sue forze) il mastodontico progetto di Ballando con le stelle, talent show zeppo di celebs danzerecce diventato (ormai) di culto (riparte l’8 ottobre) grazie a cast che, negli anni, hanno saputo fronteggiare la durissima sfida con la corazzata di Maria De Filippi. Milly è una delle conduttrici più preparate della tv, nel suo curriculum non risulta nemmeno uno scandaletto, parla cinque lingue fluentemente. E si è sempre distinta per professionalità. Last but non least, è una signora che ha cercato di superare i limiti della tv generalista sdoganando anche argomenti di attualità e cambiamento sociale. Come una tv pubblica deve fare. Milly è una donna di prodotto, aziendalista, ma dallo spirito coriaceo. Una tipa tosta, per dirla tutta, che inizia la nostra intervista chiedendomi di darle del “tu”.
Quest’anno il cast di Ballando con le stelle è davvero pazzesco.
Spero che tu sia un buon profeta. Il nostro compito è intrattenere, divertire. Sulla carta dobbiamo convincere certi personaggi a essere parte del nostro gioco, speriamo che questo si traduca in grande divertimento. È il primo Ballando “normale” dopo le restrizioni della pandemia.
Ricordo che gli anni scorsi fu dura…
La prima edizione durante la pandemia è stata drammatica, ma ora siamo tornati a una quasi normalità. Vorrei regalare – in un anno in cui gli italiani si portano dietro dei pesi e non hanno ancora acquistato una serenità totale, visti i problemi energetici – una serata di divertimento puro.
Ballando sarà attenta ai problemi energetici?
La Rai ha una serie di regolamenti da azienda di Stato e, prima degli altri, acquisisce regole di comportamento che riguardano tutto. Non so cosa succederà sulla parte energetica, perché siamo entrati da due giorni in studio, ma la Rai è sempre stata antesignana.
Arriviamo ai personaggi. Nonostante le tue ultime dichiarazioni di smentita, mi sembra strano che la scelta di Enrico Montesano non abbia tenuto conto dei risvolti legati al lato No Vax che potrebbe generare polemiche.
No, no, no, no. Te lo giuro, nella maniera più assoluta. Anche perché il tipo di polemica è su un argomento spero sepolto: siamo fuori dalla vicenda Covid-19 e non voglio tornarci su. Il mio compito è portare spensieratezza e leggerezza, non accapigliarmi su temi che ci hanno fatto soffrire.
Quindi a cosa è dovuta la scelta di Montesano?
È un portabandiera del mondo dello spettacolo al quale dobbiamo guardare come punto di riferimento. Enrico rappresenta quelli che sanno fare tutto: attore, cantante, ballerino, ha recitato al cinema, a teatro e in tv, possiede tutte le skill che deve avere chi vuole fare questo mestiere.
Se non ricordo male, quando avete condotto insieme Fantastico, nel 1997, si vociferava che fra te e Montesano non corresse buon sangue.
Questa vicenda non è mai esistita. C’è stato un meraviglioso rapporto con lui e Teresa, la moglie. Spesso ci sono fake news difficili da sopprimere e ripulire. Due persone che vanno d’accordo non fanno notizia, anche se ti affanni a dire che non è così. Ci siamo ritrovati con piacere.
Arriviamo al caso Mughini, condannato per aver diffamato Selvaggia Lucarelli, che dovrà risarcire. I due sono pronti a incontrarsi a Ballando, lei come giudice e lui come concorrente.
La vicenda di Mughini me l’hanno raccontata settimana scorsa. Quando ho pensato a Giampiero abbiamo fatto ricerche, come per tutti i personaggi, affinché non ci fossero problemi che potessero imbarazzare l’azienda e la rete. Questa cosa ce l’ha raccontata Selvaggia, ma credo sia superata. Noi siamo qui per parlare di ballo.
E quali saranno, allora, le grandi sorprese dopo l’exploit di Arisa dello scorso anno?
Exploit anche di Morgan. Nessuno si aspettava niente da loro, c’era quasi una sfiducia. In realtà, quello di questa edizione è un cast che ha grande voglia di fare. La nostra è una commistione di ballo, appeal caratteriale e capacità di coinvolgere il pubblico sulla propria storia personale. Nathalie Guetta, ad esempio, in studio faceva un decimo di quello che imparava in sala prove, ma è arrivata in finale. Sono tante le variabili che portano al successo di un personaggio all’interno dello show.
Hai tirato in ballo Morgan. Mai pensato di fare qualcosa con lui?
Quello che avrei voluto fare, e forse faremo, è essere suo autore nella musica, un mondo in cui lui è maestro assoluto. È coltissimo, parla di Bach come di heavy metal. Chissà che non riusciremo a fare qualcosa in tv. Ne abbiamo anche parlato.
Nino D’Angelo doveva partecipare a Ballando con le stelle, ma alla fine non risulta nella rosa dei concorrenti. Come mai?
Ci sono due fasi del cast. Nella prima, quella artistica, parliamo col personaggio. Poi c’è una fase in cui si concretizzano le cose a livello economico, ma anche sulle date e la lunghezza dell’impegno. In fase contrattuale non siamo riusciti a quadrare il nostro cerchio. Spero di riuscirci nella prossima edizione visto che D’Angelo è un artista immenso con una storia da raccontare vissuta col nostro pubblico per tanti e tanti anni.
So che Emanuela Folliero aveva lanciato un appello per partecipare.
Ci siamo parlate, ci stimiamo. Ma non è solo valore del singolo personaggio, ci si deve incastrare nella rosa degli altri concorrenti. Quella di Ballando è una squadra, ogni ruolo è giustificato e rafforzato da chi ti sta a fianco. Non siamo riusciti a trovare una combinazione giusta: ci sono personaggi con cui abbiamo fatto chiacchiere per anni, ma hanno partecipato solo quando c’erano le componenti adatte.
Sei un volto tv che non viene scalfito dal tempo. Con Ballando hai fatto passare messaggi di rinnovamento sociale importanti. È stato difficile imporre quel tipo di discorso quando non c’erano leggi, gli argomenti erano divisivi o comunque si parlava poco dei reali cambiamenti della società?
Abbiamo la fortuna di essere un programma pop, non un talk show che tratta un argomento e un po’ può spaventare il pubblico a casa. Negli anni abbiamo fatto diventare il nostro cast uno spaccato della società contemporanea: contiene al suo interno, in maniera sempre più evidente, elementi non tradizionali. Che poi pure dire “non tradizionali” è errato, perché le persone sono persone. Ci sono sempre stati individui differenti per tanti motivi, ma la società non era disposta a riconoscerli e a dar loro voce. Noi facciamo una cosa per sgomberare il campo dai pregiudizi.
Cosa?
Portiamo le persone con storie molto importanti in mezzo a noi e ci viviamo insieme. Vivendo vicini giorno per giorno, raccontando le loro vite, viene fuori una normalità della narrazione, che non vuol dire banalizzazione del loro racconto, uscito sempre in maniera toccante, emotiva. Siamo un gruppo di essere umani, su questa Terra, con l’aspirazione a essere felici. La strada con cui cerchiamo di raggiungere la felicità non è uguale per tutti: la natura ci ha fatto differenti per tanti motivi fisici, intellettuali, emotivi, ma ognuno deve seguire il proprio percorso ed empatizzare con difficoltà, battaglie, lotte. E un’altra cosa: in questo cammino un ruolo fondamentale lo hanno avuto le famiglie.
Cioè?
Lea T, la supermodella figlia del calciatore brasiliano Toninho Cerezo, ha tirato fuori la donna sepolta nel ragazzo in cui era nata. E l’ha potuto fare perché la famiglia l’ha aiutata. Questo è un grande motivo di esempio o di discussione che noi portiamo nelle case attraverso un programma pop di ballo, sottolineando il legame forte di sorelle, madre e padre. Un argomento molto importante perché in tutte le famiglie, quando i figli diventano adolescenti, si scatenano tanti problemi, da quello caratteriale a quello dei ragazzi bullizzati, fino alle droghe e a chi entra in depressione. Per fare questo percorso ci vuole capacità di dialogare con i figli e una solidità della famiglia, soprattutto in una società come la nostra in cui sono sempre più polverizzate. E si rischia di non aiutare i figli e non tenere il passo.
Insomma, sono stati tanti i temi di discussione.
Abbiamo cercato di trattarli anche con i balli same sex di Giovanni Ciacci. E la forza di Giusy Versace, che ha superato una difficoltà da adulta: ha perso le gambe ed è rinata con due arti artificiali. Attraverso questi personaggi è germogliato un seme di discussione sul famoso divano dove il sabato sera si vede Ballando.
Voltiamo pagina. Sai di essere un’icona gay, vero?
Sono onorata da questa cosa.
Be’, Ballando ha innegabilmente dei risvolti camp.
Sì, perché mi diverte tantissimo e il genere camp dipende dal livello di consapevolezza con cui lo si fa o lo si frequenta. Mi ricordo Costantino della Gherardesca, che ha vestito i panni del pomodoro, del granchio, ma c’era sempre un discorso dietro: quando le cose sono fatte con consapevolezza la gente a casa capisce. A me piace tutto, non per fare una parafrasi del mondo gay, ma amo esplorare un arcobaleno di colori. Anche perché il mio mito assoluto è Raffaella Carrà. Che è sempre con noi.
Hai mai partecipato a un Gay Pride?
Certo! Ho avuto l’onore di andare a uno dei primi Gay Pride quando ancora non si sapeva cosa fossero.
Dimmi un po’…
Era il 1980 o il 1981. Ero a Los Angeles e mi dissero di questa parata, ma non era come adesso dove ci sono un glamour e una preparazione da spettacolo, allora era proprio naïf. L.A. è sempre stata avanti, immagina per chi veniva dall’Italia: la California era proprio una scoperta.
Che ricordi hai di quel Pride?
Il divertimento della folla. E poi c’erano già dei personaggi, perché L.A. aveva locali molto belli e avanti per quel che riguarda le drag queen: lo spettacolo nasce là. Ma non dimentichiamoci che ci stavano anche in Italia: lì Renzo Arbore ha preso le Sorelle Bandiera. Resta che Los Angeles era avanti, e io stavo con gli occhi sgranati.
A proposito di Arbore, che mi dici dell’esperienza avuta al suo fianco?
Ho avuto la fortuna di essere stata scelta da Renzo per iniziare la mia carriera: mi ha dato un portone d’ingresso quando mi ha scelta per L’altra domenica e ho potuto debuttare parlando.
In che senso?
All’epoca non succedeva: le donne in quel periodo ballavano, cantavano o facevano le vallette. Noi invece eravamo parte della sua redazione, proponevamo i pezzi da realizzare. Lì ho capito come si costruiva una trasmissione tv. Poi Renzo, come i jazzisti, sulla puntata preparata faceva variazioni, ma c’era una stesura precisa che sapeva dove iniziare e dove andare a parare.
Hai lavorato pure con Gianni Minà.
Con lui ho fatto Blitz e Il sistemone, e ho capito come fare le interviste. Perché lui ha davvero incontrato tutti i più grandi personaggi della storia, dello spettacolo, della vita sociale e della politica.
E di Baudo, che mi dici?
Da lui ho capito come si fa l’intrattenitore deus ex machina di una produzione, il polo che emana luce e gestisce il mondo che circola intorno quando si accende la telecamera. Ho assorbito la lezione implicita che questi grandi professionisti mi hanno dato, anche se non si finisce mai di imparare.
Cosa rispondi a chi dice che hai la sindrome della prima della classe?
Faccio il direttore artistico di Ballando, una macchina immensa dalle tante sfaccettature. Se non si controllano i particolari, è facile che la macchina si inceppi. È come un mosaico: se un pezzettino non si incastra, si rovina l’immagine complessiva. Il mio cercare di raggiungere il massimo in ogni settore è un’aspirazione, ma non si raggiunge mai anche per le risorse economiche. I nostri risultati sono i migliori possibili date le circostanze, che non sono più quelle di un tempo.
Sì, eh?
Nei varietà di Antonello Falqui c’era la possibilità di avere un lungo tempo intorno alla messa in scena e ai balletti. Questo lungo tempo c’era perché serviva affinché qualcosa potesse essere duraturo. Quei balletti, quelle coreografie e scenografie si mandano in onda ancora oggi. Poi è nata la tv dell’improvvisazione, che faceva molto comodo.
Come mai?
Perché non costava ma funzionava all’istante, ma quando la si riguardava la stagione dopo si era persa la contestualizzazione, ci si accorgeva che non si era seminato niente, cancellato da quello che succedeva dopo. I miei concorrenti si devono fidare del contesto, per questo devo fare sì che funzioni tutto. Ecco perché, tornando alla domanda di prima, dicono che sono perfettina. Se non spingi per ottenere da tutti il massimo, come si fa? Si arriva in onda e c’è solo una gran caciara.
Il ruolo della donna in tv. C’è ancora oggi difficoltà a emergere?
Si è evoluto in modo esponenziale in quarant’anni, molte sono produttrici, direttori artistici, conduttrici, capi progetto. Una volta c’erano solo la Wertmüller e la Cavani a fare la regia, ma il mondo è cambiato. Il nostro è un ambiente che rispecchia la società. La domanda è: oggi, nella società italiana, c’è ancora parità?
Eh, cosa rispondi?
Non credo completamente, ma ci stiamo lavorando con grande alacrità e tutta questa spinta è nata dopo la Seconda guerra mondiale. Ricordiamoci che prima le donne non votavano nemmeno.
C’è stato un passo falso, un errore che avresti voluto non ripetere, una trasmissione sbagliata?
No, perché chi nasce imparato? Si parte con idee e aspirazioni, si possono fare cose buone o meno buone. Quando parli delle star di Hollywood, magari, ti ricordi dieci titoli su cento film. Significa che non tutto è stato indimenticabile. È così che si fa la carriera, anche sugli sbagli. Sennò come impari? Quando le cose si azzeccano è perché era il momento giusto, c’era una congiuntura astrale propizia. Poi il nostro ambiente è sempre pronto ad adulare, ma ci sono progetti arrivati, forse, troppo presto per il tempo in cui sono stati trasmessi.
Tipo?
Stryx di Enzo Trapani, troppo avanti per l’epoca in cui è stato trasmesso. Fosse andato in onda vent’anni dopo, sarebbe stato di culto. E tutti ne avrebbero parlato. Per il momento in cui è apparso era incomprensibile.
La più grande delusione professionale?
Tendo a non essere delusa perché attendo con curiosità le persone. E vedo che cosa ne viene fuori. Quando mi sono fatta un’idea e viene smentita, mi domando il perché e forse faccio un passo avanti nella comprensione – difficilissima! – della psicologia umana.
La soddisfazione più grande?
I personaggi che a Ballando sono brutti anatroccoli che poi fioriscono. E Il cantante mascherato, una scommessa vinta.
Sarebbe a dire?
È qualcosa in cui collettivamente si era un po’ scettici e, invece, ha preso e prende il pubblico. Prima di Ballando, per esempio, il balletto era visto come voltapagina, il momento in cui si andava a prendere l’acqua in cucina. Per questo c’erano grandi dubbi intorno al programma che racconta la storia di due persone che devono formare una coppia – cosa difficilissima – e devono ballare.
Ma tornando al Cantante mascherato…
Un successo, perché proveniva da un mondo molto giovane, quello coreano, rispetto alla rete generalista italiana che funziona su altri paradigmi.
Sui social però alcune maschere sono state criticate.
I social hanno rilevato differenze tra noi e le edizioni americane, che usano maschere astratte tipo il cono gelato o l’hot dog. Il fatto è che gli statunitensi hanno una grande abitudine con le mascotte, presenti nei ristoranti così come nelle partite. Per il pubblico di Rai 1 un gelato che parla non è credibile. Noi abbiamo una tradizione di cartoon con animali parlanti e di favole come quelle di Fedro o di Esopo. È una società diversa e la maschera-oggetto è più complicata per un pubblico più grande, che ha fatto già un gran salto di fantasia a vedere come reali personaggi tipo la volpe, ad esempio.
Hai rimpianti?
Sarei un’ingrata da incenerire con un fulmine di Zeus se dicessi che non sono contenta di quello che fortuna e destino mi hanno dato. E per la carriera che ho fatto.
Un programma che ti piacerebbe fare?
Mi ha sempre incuriosito la tv quotidiana, i talk show, io ho fatto solo la prima serata. Chi lo sa? La vita è imprevedibile. Aspettiamo e vediamo.
E Sanremo?
È un progetto che, per come lavoro, non potrei fare con due programmi così grandi come Ballando con le stelle e Il cantante mascherato. Non so come facciano gli altri a conciliare tanti show. E far entrare tutto dentro lo stesso essere umano.
In tv cosa guardi?
Tutto. Soprattutto i grandi competitor come Netflix, Amazon Prime Video e i canali che ci tolgono piccole fette di pubblico. Li guardo con attenzione e sono micidiali: Giallo, ad esempio, ci toglie pubblico, considerato che le spettatrici adorano il crime. E quindi l’1% da una parte, l’1.5% dall’altra, sono tutte fettine che ci levano.
E che mi dici di Netflix e Amazon?
Sono arrivati con una forza di denaro che noi, ormai, non riusciamo più ad avere. Ogni episodio di un serial sembra un film. Sto guardando Peaky Blinders, di cui stanno facendo il film per chiudere le sei stagioni, un po’ come hanno fatto con Downton Abbey. E poi osservo con attenzione i fantasy che mi danno ispirazione visual per Ballando, come House of the Dragon e il prequel del Signore degli anelli. Ti si riempiono gli occhi di tanti trucchi. Non sai a chi dare i resti, anche se noi non abbiamo questi mezzi se pensi a quanto di quel lavoro è fatto nei teatri di realtà virtuale in Germania e in Inghilterra. Nel nostro piccolo abbiamo iniziato con la realtà virtuale, ma non riusciamo a competere con loro. Per questo dobbiamo specializzarci in quello in cui siamo bravi.
In cosa, quindi?
A raccontare le nostre vicende di cuore, col tessuto emozionale della storia nazionale che è complessa e ha tanto spessore.
Senti, ma ti sei poi chiarita con Raimondo Todaro, che ha lasciato Ballando per Amici?
Non c’è da chiarire. Ci siamo sentiti all’epoca e basta. Se ci dovessimo incontrare ci abbracceremo, perché amo tutte le persone passate per questo programma. Gli voglio bene, è un bravo ragazzo. Anche se non ci siamo sentiti non c’è alcun attrito.
E la rivalità con Maria De Filippi è vera o falsa?
In realtà la rivalità è quella di due aziende che mettono in onda i rispettivi show il sabato sera. La stampa si diverte a mettere due donne in competizione tipo Eva contro Eva. In realtà ci stimiamo tantissimo.
Vi siete mai sentite?
Più volte. C’è un rapporto di stima e cordialità. Lei è stata una donna che ha rotto il ghiaccio per quel che riguarda il ruolo femminile: è anche produttore, ed è riuscita a ottenere la parità totale.
Al di là di tutto, come ti senti oggi?
Una che sta facendo gli 800 metri, lunghezza difficile perché non è una maratona e non sono i 100 metri, in cui si corre e si brucia tutto. Devo essere in grado di correre e conservare le forze per arrivare al traguardo. Sono piena di sogni, di proiezioni per il futuro. E questi due anni di difficoltà hanno radicato, in me, ancora più voglia di sognare e guardare avanti.